17 dicembre 2004

Premio "Provincia cronica"
(II edizione - sezione storie per bambini)
Veronica Parusso - Claudia attraversa l'acqua


La bambina protagonista di questa vicenda si chiama Claudia. “Ciao Claudia!”
Ha dieci anni e mezzo, un piccolo gatto tutto nero e vive in casa con la mamma e la nonna. È una bambina come tante, con molti amici e molte amiche; suona la pianola e due volte a settimana va a danza classica. Purtroppo però ha un brutto vizio: quando si lava i denti, mentre li spazzola per bene con un buon dentifricio alla fragola, lascia d’abitudine il rubinetto dell’acqua aperto. E poi spazzola, spazzola, spazzola e intanto l’acqua scende, se ne và, inutilizzata e sprecata.
La sua strabiliante storia comincia proprio da qui. Una sera Claudia era rimasta sveglia a guardare un cartone animato. Mamma, nonna e gatto erano già tutti nel mondo dei sogni. Proprio quella sera, infilato il pigiama e lavati i denti, Claudia aveva lasciato il rubinetto chiuso male. Aveva poi spento le luci e se n’era andata a letto. Plic, plic, plic. Tutta la notte l’acqua era scesa, lentamente ma incessante. Plic, plic, plic. Le goccioline non smettevano un secondo di sbattere contro le pareti del lavandino. Plic, plic, plic. A tarda notte Claudia si ritrovava a galleggiare col suo materasso al centro della stanza inondata, come su una barchetta in mezzo ad un piccolo lago. La povera bambina, ignara di tutto, continuava a dormire tranquilla finché l’acqua, ormai alta quasi quanto il soffitto, non la fece sbattere contro il lampadario. Fu allora che si accorse del pasticcio che aveva creato: ogni stanza era allagata e lei, il suo gatto, i suoi libri e i suoi giocattoli galleggiavano precari tra quelle mura. Claudia strabuzzò gli occhi, ancora appiccicati per il sonno. Poi notò proprio accanto al materasso una specie di pallina rosa. La osservò per breve tempo decidendo infine di raccoglierla.
“Ehi, mi fai male!” gridò la pallina. Claudia la ricacciò velocemente in acqua, spaventata e stupita. “Cosa sei?” domandò poi, con voce flebile.
“Come non lo vedi? Sono una spugna marina!”. Claudia era sempre più esterrefatta. Poi la spugnetta riprese a parlare: “sai, tutti i miei amici acquatici ed io è da molto che ti osserviamo. Abbiamo notato che spesso dimentichi il rubinetto dell’acqua aperto, sprecandone così dei litri”. Claudia si tirò un pizzicotto, sicuramente stava sognando. Ma la spugna continuava a parlare: “così ho deciso di farti fare un piccolo viaggio, di una notte soltanto. E poi tutto tornerà come prima. Coraggio vieni!”. Claudia, ancora scossa, mise un piede in acqua e poi, lentamente, s’immerse completamente. La spugnetta allora sparì sotto il pelo dell’acqua con la bambina dietro; percorsero insieme il corridoio, fino al bagno.
“Ok, ora entra nel rubinetto” la incitò la spugna.
“Entrarci?! È troppo piccolo!” replicò lei. La spugna la guardò sbuffando.
“Vai!” e le diede una piccola spinta. Claudia, sempre poco convinta, si avvicinò al lavandino e infilò un dito nel rubinetto. SVUSH! La bambina si rimpicciolì in un batter di ciglia e scivolò veloce all’interno delle tubature; la seguì la spugnetta e insieme, dopo vari passaggi, curve, frenate brusche, salite, discese e sconquassamenti vari giunsero al mare.
Claudia venne accolta da un assordante clap clap e, riavute le sue dimensioni naturali, si rese conto d’essere circondata da pesciolini di varie forme e colori, cozze, ostriche, tutti che la guardavano applaudendo.
“Sei arrivata!”
“Com’è andato il viaggio?”
“Benvenuta!”
“Ciao!”
Ogni animaletto poneva una domanda e Claudia si ritrovò sommersa di questioni.
“Su su, lasciatela tranquilla. È stato un viaggio movimentato e abbiamo ancora molta strada da fare” li liquidò la spugna.
“Dove stiamo andando?” chiese Claudia.
“In Africa, che domande!”
“In Africa?!”
“Devi imparare il rispetto” rispose la spugnetta, sempre continuando a nuotare.
“E ci andiamo a nuoto?”
“Ma no! Useremo la pioggia! Ora ti sto portando dalla Grande Cozza, nessun umano l’ha mai vista…lei ti trasformerà in pioggia, andremo sulle nuvole e quando passeremo sopra l’Africa ci lanceremo giù”.
Dopo ancora qualche bracciata e un po’ d’aiuto da parte della corrente giunsero finalmente in una enorme grotta oscura: la dimora della Grande Cozza.
“Buonasera Claudia, fatto buon viaggio?” tuonò una voce dall’angolo più buio.
“Sì” rispose monosillabica e spaventata la bambina.
Poi fu una scintilla veloce e centinaia di anemoni fluorescenti illuminarono a giorno l’enorme grotta sottomarina. Davanti a Claudia e alla piccola spugna apparve la Grande Cozza, nera e violacea, la regina dei sette i mari, con sul capo una corona dorata decorata di pietre preziose a forma di stella marina. La bambina era estasiata da tanta bellezza di colori.
“Il popolo del mare mi ha parlato tanto di te, Claudia. Si dice che tu sprechi molta acqua, soprattutto mentre ti lavi i denti; l’acqua è preziosa e purtroppo non tutti l’hanno a disposizione. Per esempio, in Africa, dove tu stai andando, tante persone e tanti bambini come te muoiono di sete”.
Claudia restò interdetta.
“Devi sapere che loro non hanno tutta l’acqua che hai tu e la poca che hanno è molto sporca; per questo tu non devi sprecarla, per rispetto nei loro confronti che muoiono nel bere quel poco che possiedono”.
La bambina abbassò gli occhi, ora iniziava a capire.
“Tieni. Prendi questa collana di perle” incalzò la Grande Cozza, porgendole il gioiello. “Ti trasformerà in pioggia”.
“Maestà, ora dobbiamo riprendere il viaggio” concluse la spugnetta.
Uscirono dalla grotta dopo aver salutato e Claudia si mise la collana. Dopo qualche secondo si sentì restringere, diventare minuscola, finché, in un batter d’occhio, fu quasi invisibile ad occhio umano. Spugnetta, anche lui rimpicciolito, le stava sempre accanto.
“Claudia, ora tieniti forte a me! Si parteeeee!”
La bambina si sentì portare misteriosamente verso l’alto e strinse a sé la piccola spugna. Ed eccoli evaporare dal mare verso il cielo, a formare una nuvoletta grigio scuro, insieme a tante altre piccole goccioline d’acqua. Dall’alto della nuvola Claudia poté vedere spazi sconfinati, mare e cielo, luna e stelle e poi, man mano che le nuvole proseguivano nel loro cammino, anche la terra, scura, sola. Viaggiarono tutta la notte e alle prime ore del mattino giunsero sopra l’Africa.
“Claudia tieniti pronta, tra un poco si salta!”
“Ma mi farò male” protestò la bambina.
“Non ti preoccupare, sei acqua ora, non ti accadrà nulla! Uh, ci siamo, al mio tre!”
UNO
DUE
TRE
E i due si lanciarono a capofitto, mentre il sole cominciava a sorgere, piombando nell’arida terra africana.
“Togli la collana adesso”. La bambina la sfilò, riacquistando il suo normale aspetto, poi si guardò intorno, spaesata. C’erano capanne di legno e fango, un minuscolo villaggio nel mezzo della sabbia. Alcuni bambini giocavano mentre gli adulti cominciavano i piccoli lavoretti quotidiani; faceva caldo, anche se il sole era spuntato da poco. I due viaggiatori si avvicinarono al pozzo del villaggio.
“Ecco guarda, loro bevono quest’acqua”. Claudia si sporse e riuscì ad intravedere il fondo: l’acqua era marrone, sporca, melmosa.
“Non è possibile”
“Invece sì. Per questo non puoi sprecarla tu che ne hai tanta. Guarda la loro acqua quant’è sporca, piena di batteri a volte mortali”.
Claudia era allibita, ora davvero capiva i suoi sbagli.
“Spugnetta grazie. Avevi ragione, non è giusto sprecare l’acqua per rispetto verso coloro che ne hanno così poca” disse la bambina con le lacrime agli occhi; poi continuò: “mi dispiace di non averci pensato prima”
“L’importante è che tu ora lo sappia, tutti possono sbagliare!” la consolò la piccola spugna “adesso è meglio se torniamo a casa, si sta facendo tardi. Rimettiti la collana che ripartiamo! E ricorda, mai più sprechi d’acqua!”
Quando Claudia riaprì gli occhi stava nel suo letto. La cameretta era tornata normale e il suo micio nero dormiva al fondo del suo letto; ogni cosa era a suo posto. Claudia pensò d’aver sognato. Poi sentì un leggero peso al collo, guardò meglio: addosso aveva ancora la collana di perle della Grande Cozza.

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