16 giugno 2010

Muse, pienone a San Siro per gli eredi (un po' tamarri) degli U2

Martedì 8 giugno, una calda giornata estiva resa ancora più impetuosa dai sessantadue mila fan, fra cui Ligabue, Del Piero e Caterina Caselli, che hanno invaso lo stadio di San Siro, a Milano, per assistere all’unica data italiana del tour europeo dei Muse, che ha registrato il sold out in tempi record e per cui il Comune di Milano ha concesso di suonare a 80 decibel, invece che ai soliti 78.
Senza dubbio sono il più importante gruppo inglese dell’ultima generazione (insieme ai Coldplay), contrassegnati da un rock indefinibile, duro ma sinfonico, che forse rappresenta l’anello di congiunzione tra il rock dei Queen e la ricercatezza dei Radiohead, all’incrocio tra metal, elettronica e glam, che piacerebbe agli hippy di Woodstock, ma attira pure schiere di ragazzini di oggi.
Con l’ultimo album The resisteance, ispirato a “1984” di George Orwell, i Muse hanno dimostrato di vendere dischi a palate, precisamente sono a quota dodici milioni di copie vendute secondo gli ultimi aggiornamenti. E loro, che sono tre trentenni di Teignmouth nel grigissimo Devon inglese, sono gli unici a non cadere nel tranello più ovvio: il gossip.
Per la strada il leader Matthew Bellamy, il batterista Dominic Howard e il bassista Chris Wolstenholme non li riconosce quasi nessuno, eppure ieri hanno riempito lo stadio di San Siro con un concerto verrà ricordato da molti.
Un palco lungo oltre sessanta metri richiamava la facciata di un grande palazzo, «un ministero alla 1984 di Orwell», ha spiegato Matt Bellamy, con video, luci ed effetti in 3D in grado di cambiare l'aspetto della struttura, ovviamente a tema con la canzone del momento.
Alle nove e un quarto i fans sono strepitanti, merito anche delle tre bands di supporto Calibro 35, Friendly Fires e Kasabian, e annunciati da un corteo di comparse che sventolano bandiere rosse a ritmi tribali, si apre una porta trapezoidale grigio metallica e i tre cantanti prendono posizione. Attaccano con “Uprising”, primo singolo di “The Resistance”, Matthew Bellamy, stretto in un abito bianco scintillante di paiette, si lancia nel primo assolo, che assolo non è perché tutta San Siro canta con lui. A fine canzone, dopo «Grazie, grazie mille», si siede al piano e attacca un intro in stile Chopin che si rivela essere la scatenata “New Born”. Sopra il cantante c’è un grosso globo nero che cambia colori e alle sue spalle dodici enormi palloni bianchi attraversati da luci psichedeliche, sui maxischermi rotolano equazioni matematiche, formule geometriche, curve concentriche e codici in stile Matrix. Insomma, tutto si rivela accompagnato da un stile decisamente futuristico, “da alieni”, chiaro nel momento in cui viene eseguita “Symphony, Part 1: Overture”, dove un disco volante argentato in stile ufo si libera sulla folla sorvolando la platea e ne esce fuori una ballerina che danza a tempo di musica.
Ma anche l’amore non manca con “Neutron Star Collision”, scritta per la colonna sonora della saga di “Twilight”, e con “Unintended” dove si spengono le luci e il batterista chiede al pubblico di accendere i telefonini e gli accendini. Ma questo momento romantico dura ben poco, perché subito si torna al rock con “Guding Light”, il brano che più di tutti si avvicina alle melodie dei Queen; con “Feelin’ Good”, suonata con l’organo e con basso e batteria a base di ritmi tribali; e “Undisclosed Desires”, eseguita su una piattaforma in movimento che plana sul pubblico.
Poi vengono ripoercorsi i classici della band, come “The Resistance”, l'ultimo singolo, che rischia di far venire giù lo stadio, e “Starlight” che provoca il delirio, ma anche la fuori programma “Back in black”, cover degli Ac/Dc cantanta insieme a Nic Cester, cantante australiano leader dei Jet, che riporta l'hard rock degli anni Settanta a Milano. Ma “Unnatural Selection” è forse il brano più di impatto, perchè sullo schermo si vedono eserciti con manganelli, manifestanti con molotov, bombe che esplodono, edifici che crollano.
Il concerto, che è stato trasmesso in diretta sul canale 702 di Sky e su Rtl 102.5, chiude con due canzoni che i fans dei Muse sanno essere molto speciali, cioè “Plug in baby”, primo singolo del secondo album Origin of symmetry che nel 2001 aveva letteralmente invaso i canali musicali e le radio e fece conoscere i Muse al mondo; e “Knights of Cydonia”, annunciata da un omaggio a Ennio Morricone. San Siro la canta a squarciagola e trombe e tamburi fanno il resto per chiudere la serata e i Muse salutato Milano con un «Goodbye, arrivederci, see you soon».
Intanto i residenti festeggiano: la stagione musicale di San Siro sarà avarissima. Dopo i Muse, ci sarà solo il concerto di Ligabue il 17 luglio: i comitati no-rock degli abitanti intorno allo stadio brindano, ma è una mesta indicazione che per la musica popolare anche dal vivo è cominciata una stagione di vacche magre.
Francesca Ronzio

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