19 luglio 2013

Gli Editors tornano, peccato sia un fiasco

A quattro anni dall’elettronico In this light and in this evening e a sei dall’acclamatissimo An end has a start tornano gli Editors con The weight of your love. Come accade nella maggior parte dei gruppi nati dal suolo indie, i britannici varcano la linea di confine buttandosi nel pop-rock più prossimo alle masse. Ma la mossa non si rivela delle migliori. Anzi, una delle band più promettenti e considerate dell’ultima decade compie uno scivolone piuttosto evidente, lasciando perplessi chi ha aspettato quattro anni per sentirsi del nuovo materiale da studio.
L’iniziale The weight parte con un synth dominante per poi svilupparsi in una ritmica alla Depeche ma con toni melodici cupi. Le cose migliorano con la pulsante Sugar (in cui c’è un basso che ricorda i Muse) e col singolo A ton of love, un mix deciso tra U2 e New Order. Da qui in poi cominciano le cadute di stile e The weight of love comincia a suonare come un disco stanco, privo di idee ed incapace di scostare dall’indifferenza. Gli archi in What is thing called love e Nothing appesantiscono il suono e la voce di Tom Smith, pur essendo profonda, non sembra compatibile con queste nuove trovate sfarzose.
E’ come se i nostri, pur di seguire noti gruppi inglesi di successo come i Coldplay e gli ultimi arrivati Bastille, fossero giunti ad un compromesso che però gli fa perdere quella verve che li aveva contraddistinti. Pure il precedente disco non era stato in grado di ripetere An end has a start, ma almeno le trovate electro con i synth anni ’80 avevano fatto di “In this light in this evening” un lavoro più che rispettabile. Le cose non cambiano con l’incursione alla Arcade Fire Formaldheyde e Hyena, probabilmente il brano che suona più Editors di tutto l’album.
L’anonima folkeggiante The phone book e la depechiana Bird of prey non addolciscono la conclusione di un disco deludente. Erano attesi al varco, essendo giunti al quarto album, ma Tom Smith e soci hanno toppato all’arrivo. La svolta ad un pop-rock più “democratico” e sentimentale non porta i suoi frutti, anche perché purtroppo non c’è una canzone in grado di entusiasmare. Un tempo ci furono Papillon, You don’t know love, Munich e soprattutto le hit di “An end has a start” (dove sono finite le Bones e le Racing rats ora?), adesso gli Editors non riescono più a sorprendere. “The weight of your love” si rivela un amore pesante da sopportare per chi ha esaltato ed amato il quartetto di Birmingham. Una caduta che non può lasciare indifferenti. Marco Pagliari

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