
Un recupero musicale decisamente riuscito quindi, che tiene fieramente testa ai modelli che si propone ed impossibile da non citare in tutte le sue parti: se l'opener “Give Me Some Well-Dressed Reason” potrebbe tranquillamente essere una jam dei Soft Machine periodo “Volume Two”, le seguenti “Domino” e “Human Behaviour” hanno il tiro dei primi Aucan misto a qualche slancio degli Explosion In The Sky, per poi passare, con la lunga “If God Exist...”, ad atmosfere care ai Tortoise più introspettivi di “Millions Now Living Will Never Die”. Nel groove di “Touch Me” c'è spazio anche per qualche rimando a Ian Williams e ai suoi Battles, mentre durante la conclusiva “Twelve Universes” Robert Wyatt ringrazia ancora per gli omaggi. In questa selva di citazioni l'identità dei Pineda ne esce comunque più netta e definita, non semplice succube delle proprie muse ispiratrici ma capace di un notevole grado di addomesticazione e rielaborazione di idee e stimoli, cosa che non concede nemmeno un minuto di noia per tutta la durata del disco (che, anzi, vi ritroverete probabilmente ad ascoltare a ruota). Il suono dei tre si dimostra dall'inizio alla fine granitico e potente, complice l'ottima prova strumentale data dai tre e la produzione eccellente di Antonio Cupertino, ultimo tocco di raffinatezza che fa di questo disco un must have per appassionati, nostalgici, curiosi o semplici neofiti. Perderlo sarebbe un errore. Fabio Gasperini
Ma il disco non doveva chiamarci Creme?
RispondiElimina