Vacanza/Gabbia è un disco dalle
due anime, una schizofrenica e l’altra adagiata su stilemi che pescano dal pop
e dall’emocore, anime che ogni tanto si incontrano e si uniscono in maniera
ottimale in Estate, brano che sembra
nato dalla fusione dei primi Pixies con i Minnie’s e che sfrutta appieno anche
la presenza del synth per caricarsi di un’energia sbarazzina ma non banale. E’
però, purtroppo, uno dei pochi casi in cui quest’armonia viene raggiunta,
perché il secondo disco della band bolognese è tanto pieno di idee quanto
confuso nel proporle.
Uno dei problemi principali che
pesa sul prodotto finale è la voce. Vincenzo Gramegna è una scheggia impazzita
che imperversa per tutto l’album ma funziona solo a tratti e, soprattutto,
viene coperto troppo spesso dagli strumenti per riuscire a far apprezzare i
testi. Efficace come non mai in brani tirati e punkeggianti come la brevissima Giuda, energico e grezzo sulle note
dall’intenzione quasi stoner di Milano,
il vocalist dei Montauk è molto meno efficace quando mormora in alcuni punti
di una Routine dalla potenza sonora
invidiabile, e perde decisamente di carisma quando le atmosfere si fanno
tranquille ed urla e strepiti vengono sostituiti da un cantato monocorde come
in La baia.
Delle due anime citate nel cappello
introduttivo quella che funziona meglio è sicuramente la vena energica. La
prima metà dell’album, ed i primi quattro brani in particolare, mostrano una
band coi muscoli ed alcune idee al posto giusto, che si spegne però
progressivamente e punta troppo su atmosfere vicine (come suoni ed intenzione)
all’emocore nostrano: nulla di male quando vengono supportati da strutture
interessanti, come accade in una La neve
in tv che trasforma velocemente lo scarno e ritmato incipit iniziale in una
profusione di distorsioni a tratti emozionante, molto meno quando le idee
sembrano essere messe insieme troppo sbrigativamente: in Un alone ci sono poche idee perpetuate oltre la durata limite, Vodka lemon coniuga male suoni solari ma
energici con un cantato poco propenso a seguirne l’impeto, La baia funziona quasi solo da incipit scialbo ad una Il freddo più convincente, ma che si
arena su suoni troppo poppettosi per rendersi davvero interessante. Il segnale
che questi quattro ragazzi ci sanno fare è però dato da Carver, il brano più lungo e più articolato, in cui riescono a
coniugare efficacemente le varie nature del disco dando ad ognuna il suo spazio
ed affiancando a questa cura nei suoni un lavoro encomiabile sulla
struttura…peccato solo si perda in un marasma sonoro che fatica a trovare una direzione.
Nei tredici brani del disco i
Montauk cambiano talmente tante facce che alla fine è difficile capire cosa
vogliono essere, e questa difficoltà a collocarli sarebbe un pregio se venisse
supportata da idee sempre brillanti. La realtà è invece che l’anarchia sonora è
allo stesso tempo il pregio ed il limite di questo Vacanza/Gabbia, e non so se
consigliare al gruppo di cercare di smussare gli angoli o di pestare ancora di
più sull’acceleratore. Band come Le capre a sonagli hanno fatto della loro bizzarria
un’arma vincente, auguro ai Montauk di trovare una strada personale al pari
della band bergamasca. Stefano Ficagna
Tracklist:
1. Privata
2. Estate
3. Routine
4. Milano
5. La baia
6. Il freddo
7. Intermezzo
8. Giuda
9. Un alone
10. Vodka lemon
11. Carver
12. La neve in tv
13. La neve
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