Anni fa un amico stava ascoltando
in macchina le Teste Sciroppate. Se non li ricordate (e i più giovani non li
avranno mai manco sentiti nominare) sappiate che erano un gruppo demenziale,
forte di hit quali “Senti come puzzi”, di quelli che non andavano tanto per il
sottile come comicità (leggasi di grana grossa). Presi la palla al balzo e gli
feci mettere una cassetta (sì, sono così vecchio che ai miei tempi c’erano
ancora le cassette, e una volta qui era tutta campagna) di Elio e le storie
tese, ma dopo un veloce ascolto me la ridiede indietro dicendo che erano
esagerati. Eh ok, abbiamo una ragazza in macchina e loro parlano di tappi per
la figa pelosa, però senti come cazzo suonano! E i testi saranno sboccati, ma
sono strutturati da dio! Non riuscii a fargliela capire, ma dopotutto mi dà
ancora del metallaro perché una volta gli ho fatto ascoltare Terremoto dei
Litfiba, quindi potevo anche aspettarmelo.
Ora, tutto questo che c’entra con
Il ballo dell’orso? E’ che ascoltandoli, pur convenendo che non si profondono
anima e corpo al demenziale, mi son venute in mente le Teste Sciroppate.
A livello musicale il paragone
non esiste visto che Secondo me mi piace, secondo disco della band toscana,
vira un po’ dove gli pare fra i generi e, innegabilmente, lo fa bene. Basta
ascoltare Ettore, dove dopo una prima
parte rock trascinante parte una digressione sirtaki che fa venir voglia di
ballare, ma è tutto il disco che è pieno di rifiniture del genere: le brevi
parti in levare che danno varietà all’intimità cantautorale di L’ultimo uomo sulla terra, il blues
scatenato di Cortisone in blues, la
vena folleggiante dell’invettiva contro la SIAE Sì. Ah. Eh! (Tutti ladri quelli), la malinconia pianistica di Sinceramente, sfogo e quella più
romantica di Istintivamente. Un bel
viaggio, forse non originale ma sicuramente fantasioso. Laddove esce il
paragone citato sopra è analizzando i testi.
La voce di Tullio Feldmann se la
cava egregiamente, e anche se ogni tanto non riesce a conferire maggior risalto
a parti che avrebbero avuto bisogno di più intensità (il ritornello di Madame Gina ad esempio, dove tutta la
band sembra però un po’ sottotono) gli si può imputare ben poco: il problema
sono i testi. Al di là di andarci giù di cliché demenziali buttando lì una
canzone sulla figa (la summenzionata Madame
Gina) e qualche cazzo gratuito qua e là, è proprio la struttura che si fa
fatica a mandar giù. L’ultimo uomo sulla
terra se ne frega delle rime quando ne ha voglia e perde progressivamente
di musicalità, Sinceramente, sfogo si
fa fatica a capire dove voglia andare a parare, Cortisone in blues sarebbe trascinante anche se evitasse di parlare
di segone e vibratori. E’ quantomeno bizzarro questo modo di procedere nelle
liriche, contando che poi arrivano improvvisamente a citare del cinema di alto
livello (Holy motors si basa
apertamente sul capolavoro di Leos Carax, andatevelo a vedere ma preparatevi a
qualcosa di sconcertante) e buttano lì una ballad che non ha nemmeno una goccia
d’ironia all’interno (Istintivamente).
Ok la libertà creativa, ma avere una direzione aiuta a volte.
Non so se al mio amico di
gioventù sarebbe piaciuto il disco de Il ballo dell’orso, io sono rimasto
abbastanza perplesso. Notevole capacità tecnica, ma sprecata con testi che
sembrano spesso buttati lì alla veloce: come dicevano a scuola “il ragazzo ha
delle potenzialità, ma non si impegna abbastanza”. Stefano Ficagna
Tracklist:
1. L'ultimo uomo sulla terra
2. Ettore
3. Madame Gina
4. Holy Motors
5. Sinceramente, sfogo
6. Cortisone in blues
7. Sì. Ah. Eh! (Tutti ladri quelli)
8. Istintivamente
9. Tutto quello che mi resta
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