21 aprile 2017

Ella Goda, i nuovi Baustelle arrivano da Bergamo?

La prima cosa che mi viene in mente ascoltando questo album d’esordio degli Ella Goda, trio dedito al power pop proveniente da Bergamo, è un nome preciso: Baustelle. Non intendo dire che quest’album scopiazzi qua e là da Bianconi e soci ma un certo modo di cantare, qualche testo ed il mix fra musicalità solare ed amarezza dei contenuti mi ha impresso in mente questo scomodo paragone. Se il vostro dubbio, dopo questo preambolo, è “ma sono all’altezza?” vi avviso subito che c’è ancora molta strada da fare, ma per un gruppo al primo album raggiungere certe vette sarebbe stato un miracolo. Se la vostra seconda domanda è “quindi fa cagare?” rispondo ancora negativamente, ed ora vado a spiegarvi perché.

Il brano che mi ha principalmente scatenato il paragone sopra citato è Quattro anni, brano piacevole e non banale con un ritornello che, nel suo tratteggiare amori finiti e tristezza provinciale, si rende parente prossima di brani quali I Provinciali (guarda caso) o Le Rane. I testi sono sicuramente uno dei punti di forza dell’album, e se anche ogni tanto si fanno fin troppo didascalici (La mia eredità vuol dire troppo in troppo poco tempo, sporcando l’effetto piacevole lasciato da alcune frasi azzeccate) rappresentano uno degli elementi che eleva l’album al di sopra del pop senza arte né parte, aiutati dalla voce di Brian Zaninoni (molto Bianconiana col suo tono vagamente snob) per quel che riguarda l’espressività ma da questa traditi a livello di performance globale. Troppi infatti i momenti in cui i suoi vocalizzi sono buoni sulla carta ma resi in maniera approssimativa e, pur non pregiudicando la resa generale dei brani, resta l’impressione che canzoni come Solo il silenzio e la già citata Quattro anni sarebbero state ancora migliori con una cura maggiore da questo lato.
Ascoltando i dieci brani del disco non si trovano punti  che fanno gridare all’innovazione, tuttavia l’ascolto scorre via piacevole con più di un momento di spicco. La cura Schopenhauer è già un ottima introduzione, con gli strumenti perfettamente amalgamati fra loro ed un finale di grande enfasi, Che cosa rischiamo? è un meccanismo pop ben oliato che scorre piacevolmente facendo battere il piede, Anni luce da te chiude l’album incentrandosi malinconicamente sul piano e dimostrando che il trio maneggia bene anche atmosfere meno solari. Convince meno, nella sua similare struttura pianistica, Qualcosa di astratto, troppo scarna per riuscire a coinvolgere, e lascia qualche dubbio anche Uomo e cosa, in cui la base poetica del testo non convince nella sua eccessiva ripetitività: trascinante nella sua semplicità invece Canzone apotropaica, probabilmente il brano più ritmato ed allegro del lotto.

Un onesto e sincero disco fatto di brani (perlopiù) allegri e non banali, potrà sembrare poco ed invece è molto. Gli Ella Goda convincono senza strafare, con qualche elemento di riconoscibilità e tanto mestiere, staremo a vedere come proseguirà la loro promettente carriera. Stefano Ficagna

Tracklist:

1. La cura Schopenhauer
2. La mia eredità
3. Qualcosa di astratto
4. Quattro anni
5. Uomo e cosa
6. Che cosa rischiamo
7. Canzone apotropaica
8. Solo il silenzio
9. Le attese bruciano
10. Anni luce da te

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