La prima cosa che mi viene in
mente ascoltando questo album d’esordio degli Ella Goda, trio dedito al power
pop proveniente da Bergamo, è un nome preciso: Baustelle. Non intendo dire che
quest’album scopiazzi qua e là da Bianconi e soci ma un certo modo di cantare,
qualche testo ed il mix fra musicalità solare ed amarezza dei contenuti mi ha
impresso in mente questo scomodo paragone. Se il vostro dubbio, dopo questo
preambolo, è “ma sono all’altezza?” vi avviso subito che c’è ancora molta
strada da fare, ma per un gruppo al primo album raggiungere certe vette sarebbe
stato un miracolo. Se la vostra seconda domanda è “quindi fa cagare?” rispondo
ancora negativamente, ed ora vado a spiegarvi perché.
Il brano che mi ha principalmente
scatenato il paragone sopra citato è Quattro
anni, brano piacevole e non banale con un ritornello che, nel suo
tratteggiare amori finiti e tristezza provinciale, si rende parente prossima di
brani quali I Provinciali (guarda caso) o Le Rane. I testi sono sicuramente uno
dei punti di forza dell’album, e se anche ogni tanto si fanno fin troppo
didascalici (La mia eredità vuol dire
troppo in troppo poco tempo, sporcando l’effetto piacevole lasciato da alcune
frasi azzeccate) rappresentano uno degli elementi che eleva l’album al di sopra
del pop senza arte né parte, aiutati dalla voce di Brian Zaninoni (molto
Bianconiana col suo tono vagamente snob) per quel che riguarda l’espressività
ma da questa traditi a livello di performance globale. Troppi infatti i momenti
in cui i suoi vocalizzi sono buoni sulla carta ma resi in maniera
approssimativa e, pur non pregiudicando la resa generale dei brani, resta
l’impressione che canzoni come Solo il
silenzio e la già citata Quattro anni
sarebbero state ancora migliori con una cura maggiore da questo lato.
Ascoltando i dieci brani del
disco non si trovano punti che fanno
gridare all’innovazione, tuttavia l’ascolto scorre via piacevole con più di un
momento di spicco. La cura Schopenhauer
è già un ottima introduzione, con gli strumenti perfettamente amalgamati fra
loro ed un finale di grande enfasi, Che
cosa rischiamo? è un meccanismo pop ben oliato che scorre piacevolmente
facendo battere il piede, Anni luce da te
chiude l’album incentrandosi malinconicamente sul piano e dimostrando che il
trio maneggia bene anche atmosfere meno solari. Convince meno, nella sua
similare struttura pianistica, Qualcosa di
astratto, troppo scarna per riuscire a coinvolgere, e lascia qualche dubbio
anche Uomo e cosa, in cui la base
poetica del testo non convince nella sua eccessiva ripetitività: trascinante
nella sua semplicità invece Canzone
apotropaica, probabilmente il brano più ritmato ed allegro del lotto.
Un onesto e sincero disco fatto
di brani (perlopiù) allegri e non banali, potrà sembrare poco ed invece è
molto. Gli Ella Goda convincono senza strafare, con qualche elemento di
riconoscibilità e tanto mestiere, staremo a vedere come proseguirà la loro
promettente carriera. Stefano Ficagna
Tracklist:
1. La cura Schopenhauer
2. La mia eredità
3. Qualcosa di astratto
4. Quattro anni
5. Uomo e cosa
6. Che cosa rischiamo
7. Canzone apotropaica
8. Solo il silenzio
9. Le attese bruciano
10. Anni luce da te
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