Vi racconto il mio Fortissimo. In blocchetti di testo, così
voi lettori del web li leggete con piacere senza troppe noie.
Io vedo Fortissimo come un alveare, a cui staff, volontari e
artisti giungono come api (operose per definizione). Ognuno fa la sua parte
producendo uno squisito miele di montagna.
Io vedo Fortissimo come un festival in cui dare spazio a
proposte divertenti (ed è certamente così per la musica), ma anche arricchenti. Per la letteratura, di cui mi occupo con Michela, abbiamo fatto
così, preferendo persone che avessero qualcosa da raccontare rispetto a
spettacolini a pronta presa su peni e vagine.
Io ho visto a Fortissimo le poesie di Francesca Genti che mi
hanno commosso e stupito per quanto sono virulente e dolci allo stesso tempo. Insieme
a Paolo Gentiluomo mi ha portato per mano nelle creazioni di Sartoria utopia,
un progetto editoriale avanti anni luce che non posso che consigliare.
Io ho visto a Fortissimo Ettore Giuradei che ha incantato il
difficile pubblico delle colazioni, presentando un libro di favole mettendo
nello spettacolo Tenco e De Andrè, oltre alle sue canzoni. Avremmo potuto
chiamare Dente, ma non lo abbiamo fatto. Alleluja.
Io ho visto a Fortissimo gli Alma Progetto che hanno cucito
i racconti e le poesie del nostro Provincia cronica con le canzoni di Battiato
e Consoli. Goduria interminabile. Un lavoro meticoloso e riuscitissimo.
Io ho visto a Fortissimo Max Collini e Arturo Bertoldi e il
loro reading super politicizzato sulle storie di Reggio Emilia negli Anni Ottanta. Hanno incollato il pubblico. Scrivere accanto al nome di Max “Offlaga Disco Pax”
non era necessario. E credo che questa sia una buona cosa.
Inoltre se avessi letto prima il suo racconto all’interno
dell’antologia “Cosa volete sentire” (compilation di racconti – in gran parte
bruttini, se devo dirla tutta - di cantautori più o meno noti della scena
indipendente italiana, edita da Minumun fax) a cena lo avrei ascoltato di più,
parlando il minimo indispensabile.
Io ho visto a Fortissimo Giuseppe Musto e i poeti della
digitale Matisklo edizioni, hanno portato nella nicchia le proprie sensibilità,
arricchendo la tela di nuovi colori e sfumature. E chiedo venia se sul
volantino abbiamo fatto qualche refuso sui nomi.
Io ho visto a Fortissimo la gioia negli occhi di Evita dei Rumor quando ho consegnato il loro demo ai FASK e il batterista si ricordava di lei.
Io vedo Fortissimo come un luogo dove conoscere persone.
Ghigliottinando Novara e il solito tran tran. Quest’anno già dal viaggio mi
sono imbattuto in Francesco e Giulia, volontari novelli: li ascolterei
all’infinito perché hanno tanto da raccontare. E mi sono simpatici a pelle.
Poi c’è Michela, che mi capisce e mi comprende. Noi ci
capiamo, anche quando piove.
Quest’anno ci ha aiutati Mafalda, che ha dalla sua la
disarmante forza dei vent’anni.
Io vedo la gente di Fortissimo che si diverte. Balla, canta,
fa l’amore nei cessi (quest’anno più puliti del solito), cerca, a volte cerca
disperatamente, poi parla, si apre.
Sì, vedo Fortissimo come un “non luogo” in cui può succedere
di tutto, come può non succedere nulla. E a me piace osservarlo. Piace viverlo,
ma non troppo intensamente, altrimenti quando poi finisce ci resto male.
Io vedo Fortissimo come un’oasi decellularizzata. Dove il
lavoro non mi può raggiungere, ma dove lavoro certamente più che in ufficio.
Dove alla cassa, alle quattro del mattino, una ragazza dai
denti strani mi chiede per l’ottava volta un “Raindogs Burger”, e per otto
volte le dico che è esaurito. Stessa storia per il vegan burger.
Poi torna, ancora, indomita, e le dico: “Il Raindogs burger
è esaurito, ma se hai fame puoi metterti in bocca il mio cazzo”. Lei mi
risponde: “Ci penso”.
Poi non è più tornata.
Io non vedo a Fortissimo la merda (nel senso di escrementi,
feci) che qualcuno ha depositato in riva al fiume, macchiando il mio nido
d’amore del giovedì sera. Pura biologia... per gli amanti della coprofagia.
Io vedo a Fortissimo il conto del meccanico: 497 euro.
Segnale di come il festival muova l’economia dell’intera valle.
Io vedo a Fortissimo tutto lo staff*, i volontari e i
tecnici che voglio ringraziare (e non più tediare con le mie deliranti parole).
Sono le persone a rendere le cose belle. E le cose belle ci rendono la vita
migliore.
++ roberto ++
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