Punto di fuga (I Dischi del Minollo / Audioglobe) è l'album d'esordio di una band formatasi tra Bologna e Ferrara, il cui nome, Staré Město, evoca lo storico quartiere multietnico di Praga. La band ha come ispirazioni sonore la wave, il post rock, l'indie, la canzone d'autore italiana. Un po' come i Diaframma, omaggiati dagli Staré Město in Cielo d'Africa, cover di un brano poco conosciuto di Fiumani e soci.
A detta nostra (e a rischio di essere smentiti), il nome Staré Město vuole ispirarsi a posti lontani ma con salde radici nel nostro Paese, un po' come i CCCP il cui nome si leggeva come si pronuncia da noi. Sì, perché Staré Město è anche una specie di ordine impartito con un verbo all'infinito, come nel Manifesto del Futurismo. In ogni caso, Cielo d'Africa, brano centrale nella scaletta, è una specie di sole da cui si dipanano vari raggi, cioè altri brani che ne ricalcano l'estetica. Racconto di primavera (con Igor Tosi dei Devocka ospite ai cori) e Menodizero sono i brani che più degli altri portano in sé gli insegnamenti della new wave. Le mani, lentissima, quasi straziante, mette in mostra la capacità della band di tradurre in musica l'inquietudine interiore. In Canzone della torre più alta la band rilegge Rimbaud, con un ritornello triste ma energico, che rimane impresso. Riparo, dal ritmo incalzante, è il brano più "standard" e quindi forse l'unico che rischia di non rimanere impresso. Thalia, brano iniziale, è quello che un po' si discosta dagli altri, in quanto ad atmosfere. La finale Ultima cena è lunga ed epica. La voce di Enrico Bongiovanni, cantante, chitarrista ed autore dei testi, sembra rivolgersi ad un interlocutore lontano, situato più in là dell'ascoltatore reale, o cantare per se stesso, e proprio per questo è brillante e sempre evocativa. Da ascoltare (ma senza pensare a band del passato, nel frattempo). Marco Maresca
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