Molti lo definiscono il cantautore del momento. Tra meriti e mode Giuseppe Peveri, in arte Dente, arriva al quarto disco (in realtà il terzo più due ep). Io tra di noi è un album dal sapore intimista che riprende la tradizione pop-cantautorale italiana. Ci sono molti richiami dal passato (Battisti su tutti) ad evidenziare quanto l’artista di Fidenza (ormai Milanese di adozione) sia legato ai cantautori nostrani, anche se il risultato di questo lavoro di “traid d’union” con la tradizione non è sempre entusiasmante. Entrando nel vivo del disco, troviamo brani come Piccolo destino ridicolo che racconta come nascono le relazioni che spesso proseguono nella noia e nell’infelicità (“Più che il destino / è stata l'adsl / che vi ha unito / e poi / milioni di migliaia di km”); ci sono l’intimismo casalingo e i suoni onomatopeici a caratterizzare Saldato e Casa tua, esemplare del Dente-pensiero, gioca su visioni pittoresche “disegnate” per raccontare emozioni legate ai ricordi. L’album prosegue con canzoni in cui s'intrecciano il sentimentalismo con il manierismo narrativo (Da Varese a quel paese, Rette parallele): una caratteristica che cantautori come Lucio Battisti e Francesco De Gregori hanno fatto loro punto forte, ma che Dente non riesce ad uguagliare. I testi sono eccessivamente ricercati e non attirano grandi attenzioni. Inoltre le musiche suonano stanche e fin troppo “soft”: i richiami alla canzone d’autore italiana anni ’70 ci stanno, ma l’atmosfera così intimista e “malinconica” causa l’indebolimento del suono nel suo complesso, nonostante l'arrangiamento più ricco rispetto ai dischi precedenti che avevano una magra ossatura chitarra e voce, qui abbiamo archi e varie magnificenze... Il mondo musicale di oggi viaggia frenetico ed è ricco di novità, Dente è rimasto fermo al palo e il suo passo è più lento che mai... Ed è per questo che le sue canzoni non convincono e i suoi giochi di parole diventati più forbiti e "raffinati" non divertono (più) e causano solo molta noia. Detto questo il dico avrà successo e ai concerti ci sarà il pienone.
Marco Pagliari
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