3 ottobre 2011

Bugo torna alle prese con amore e miopia

Dopo un po' di silenzio torna Bugo con Nuovi rimedi per la miopia. Stavolta c’è da dire che ci troviamo di fronte ad un album maturo, ben prodotto, e con alcuni potenziali singoli che molto probabilmente troveranno spazio anche in qualche radio importante, grazie alla sicura promozione garantita dalla Universal. Ecco una radiografia del disco traccia per traccia.
Non ho tempo – La prima canzone è frenetica e piena di suoni distorti. Un Bugo particolarmente affannato ed urlante dichiara “Non ho tempo di capire se sono un po’ felice, ma vediamo il mio orologio cosa dice” e “Non ho tempo per cenare, posso solo assaggiare”. Un Bugo “miope” perché non riesce più a vedere le cose con profondità, che però andando avanti nell’album tenterà di spiegarci la cura.
E ora respiro – Il secondo brano è quasi opposto al primo. “Ho saltato il recinto e sono fuggito, sono in viaggio e torna sul mio volto quello che mi hanno tolto, il mio sorriso, e ora respiro”. Un brano rilassato, solare. Nutro qualche dubbio sul ritornello, un giro già sentito e risentito, e rimango un po’ stupito perché non sono abituato ad un Bugo così felice di vivere. Cosa gli sarà successo?
I miei occhi vedono – Prevedo un po’ di promozione radiofonica per questo primo singolo. Una canzone bella, romantica, matura. Un brano fortemente radiofonico, il cui ritornello contiene un verso sicuramente minimale, ma molto più profondo di quanto Bugo non voglia far credere. “Ora i miei occhi vedono, perché vedono te”. Finalmente svelato l’arcano: ecco la cura per la miopia secondo Bugo.
Mattino – E’ impossibile togliersi dalla testa questa canzone contornata di vari rumori di sveglie. E’ martellante, allegra fino a risultare un po’ irritante, ma nonostante ciò simpatica. Il brano narra di un Bugo mattiniero che si diverte a svegliare la sua dolce metà perché “Il sonno ce l’ho anch’io, ma il mattino è qui con noi”.
Il sangue mi fa vento – Una canzone da viaggio e sul viaggio. Un brano riflessivo, un ipotetico confronto con un finale un po’ triste, tra un uomo e una donna che a causa dei loro stili di vita non possono stare insieme. Il primo vuole partire ma non sa dove andare e soprattutto non vuole andarci piano, “Corro sempre e non rallento, il sangue mi fa vento”. Quando l’uomo crede di aver trovato la sua destinazione ed un po’ di tranquillità, è la donna a volersene andare: “Stare ferma è la mia rovina, non le senti le mie grida?”.
La salita – Una specie di “sequel” di una canzone precedente, “Amore mio infinito” (ricordate il duetto con Violante Placido?) con la differenza che adesso Bugo è contento di percorrere la salita anche se si lamenta sempre un po’. “Cammino piegato in avanti, faccio la salita, che gran fatica”.
In pieno stile 2000 – L’allegria e la frenesia dei primi brani dell’album lasciano spazio all’introspezione e ad un po’ di ansie. “Mi sto consumando, non so come andrà a finire ma so come sta cominciando”.
Comunque io voglio te – La mia traccia preferita dell’album. Un pop raffinato con un bellissimo crescendo rock finale. Guarire dalla miopia significa anche saper vedere oltre le apparenze. “Anche se è vero che non posso più vivere come prima che arrivassi tu, anche se ti sembra che non sia così, comunque io voglio te”. Una canzone d’amore genuina.
Lamentazione Nr. 322 – Una specie di preghiera contornata da un’elettronica pesante. Bugo è sul balcone col suo sigaro in bocca, e alza il volto al cielo. “Io ti sto chiedendo aiuto, io grido a te ma non rispondi, insisto ma non mi dai retta”.
Città cadavere – Una ballata che sembra un sottofondo da film western. “Io non so cosa è successo, attorno a me solo rovina, me ne vado, questa non è la mia fine”. Un po’ di sano realismo e di dura realtà in un album tutto sommato solare e concitato.
Si conclude così un album che mescola sapientemente elettronica e pop, in modo più bilanciato rispetto al precedente disco Contatti. Ansie, introspezioni, delusioni si mischiano con allegria, romanticismo e voglia di vivere. Un Bugo maturo e pronto per un vasto pubblico.
Marco Maresca

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