Il primo album targato Brunori Sas era formato da nove canzoni. Una era una cover. Sette delle restanti otto parlavano di Dario Brunori: all’epoca pur sempre un semi-sconosciuto, infatti in pochi avevano fino ad ora sentito parlare dell'esperienza con i Blume.
Ma il cantante aveva personalità ed il pubblico sembrava gradire. D’altronde, non fosse stato più che convinto dei propri mezzi, e non avesse avuto anche un pizzico di sfrontatezza, probabilmente non sarebbe mai uscito dall’anonimato della provincia cosentina.
Correva l’anno 2009. Giungevano in rapida successione il Premio Ciampi ed il Premio Tenco: il ragazzo prometteva bene e una volta tanto i premi facevano il loro dovere di segnalatori, cosa che come sappiamo non sempre accade. Vol. 1 si proponeva come un ottimo disco, e lentamente convinceva un mumero sempre maggiore di ascoltatori della bontà del progetto musicale di Dario. Un esempio: al MiAmi di due anni fa, confinato su un palco defilato, richiamava il modaiolissimo e disattento pubblico milanese, sfilando la scena ai quotati Perturbazione...
Nel 2011 Brunori ci riprova con Vol. 2 – poveri cristi. 10 canzoni, delle quali l’unica vagamente autobiografica si trova a metà dell’album ed è intitolata La mosca. Narra del cantautore che viene distratto dal volo di un insetto mentre sta buttando giù le parole di una canzone che parla di una sposa (Rosa, altra canzone dell’album, accompagnata peraltro da un divertentissimo videoclip). Ai concerti il pubblico aumenta notevolmente: a tutti fa piacere sentir cantare di poveri cristi, cioè persone in cerca di riscatto che però al momento se la passano male. E’ inevitabile che scatti l’identificazione. Arriva subito anche il Premio Italiano Musica Indipendente per il miglior live (e dire che un tempo i Premi importanti erano altri...).
Ora una nota personale: la prima volta da spettatori ad un live di Brunori è un’esperienza effettivamente nuova. Sembra di assistere ad uno spettacolo di cabaret piuttosto che ad un concerto di musica leggera. Dario, dotato di un umorismo brillante, sembra anche piuttosto umile: non manca mai di introdurre le proprie canzoni in maniera modesta. “Ci fanno suonare per ultimi perché così, durante il nostro concerto, la gente inizia ad andarsene e quando è ora di chiudere non c’è più nessuno”, “La prossima canzone è di una noia mortale, potete andarvene a casa a dormire se volete”, ed altre frasi di questo genere. Il pubblico è estremamente variegato: anche in locali e festival tendenzialmente giovanili, è facile incontrare gente in età avanzata, segno che la sua non è musica per bambini. E’ semplice capire perché: le melodie sono orecchiabili e tutto ciò che Brunori suona dal vivo sa di già sentito. La vocalità del cantautore è quella di Rino Gaetano. Non solo le assomiglia: è volutamente identica. Sempre a Rino Gaetano si possono ricondurre alcune melodie delle canzoni, così come a De Gregori, Bennato, Ivan Graziani, Lucio Battisti (del quale Brunori esegue spesso dal vivo Insieme a te sto bene). Perfino Vasco Rossi. Quel bistrattato Vasco Rossi che nel 2011 ha fatto di tutto per essere odiato dal suo stesso pubblico. Eppure praticamente ogni ritornello di Brunori è un richiamo al Vasco cantautore dei primi tre album, prima che rincitrullisse (non noto significative variazioni nella qualità della musica di Vasco a parte i limiti fisici imposti dall'età e dall'halzehimer, nota dell'impaginatore); Na na na compresi, sui quali Brunori ha costruito perfino una canzone: Nanà per l’appunto. Con tutti questi richiami ad un passato musicale italiano agrodolce, e con la sua bravura mascherata da umiltà, Brunori sembra piacere proprio a tutti.
Dopo l’impatto iniziale, notevole, tuttavia si iniziano ad intravedere i limiti del progetto Brunori Sas. La seconda volta da spettatori dal vivo, è facile notare che le frasi introduttive rimangono esattamente le stesse: evidentemente erano state studiate a tavolino per proporre qualcosa di volutamente diverso, a parole, dove la musica non poteva arrivare. Ed ecco che assistere al concerto diventa un po' una noia... Anche l’ascolto ripetuto dei dischi a questo punto si rivela deludente. E ci si accorge che i testi che fanno leva su un forte trasporto emotivo vanno bene, ma che musicalmente non ci sono poi cose così interessanti... A parte il furbo utilizzo della seconda voce femminile, non essendoci elementi di innovazione si ricorre troppo spesso alle citazioni da da altri cantautori, e quando finiscono pure quelle, si cade nel pop contemporaneo che strizza l'occhio ad esperienze evitabili come Tiromancino o Zero Assoluto.
Detto ciò, è ormai palese che Dario Brunori non abbia nessuna intenzione di tornare a fare il ragioniere a Guardia Piemontese (che a dispetto del nome si trova in Calabria). Ed è giusto che sia così, perché è un ragazzo intelligente e motivato, che dovrebbe riuscire a fare un passo in più ovvero disfarsi della pesante eredità di Rino Gaetano per maturare un'identità più personale. Non solo con le parole, con le quali è fin troppo abile, ma anche con la musica. Marco Maresca
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