Puoi raccontarci qualcosa del disco, come è nato e come sta andando?
Non mi aspettavo di fare un disco, quando ho fatto il programma volevo semplicemente trovare un lavoro nell’ambito del canto lirico. L’idea del disco è venuta alla Capitol/Sony, l’etichetta che lo ha prodotto, che probabilmente ha voluto sfruttare il traino del programma. Lo abbiamo realizzato in una settimana, a Bologna, nello studio di Celso Valli, uno dei più importanti produttori italiani. Ha arrangiato per me alcune famose arie d'opera e popolarissimi brani classici. Con Celso Valli e il suo staff ho lavorato bene e mi sono sentita a casa, non ho avuto alcun timore in sala di registrazione, solo un momento di commozione particolare cantando l'Adagio di Albinoni, perché in quell'attimo ho pensato di dedicarlo a mia nonna che non è più vicina a me.
Tra le arie contenute nell'album, ci sono anche ''Casta Diva'' dalla 'Norma' di Bellini, ''Vissi d'arte'' da 'Tosca' di Puccini, ''Habanera'' da 'Carmen' di Bizet, ''O mio babbino caro'' da 'Gianni Schicchi' di Puccini, e popolarissimi brani classici come ''Adagio in Sol minore'' di Albinoni, ''Ave Maria'' di Schubert e ''Concerto di Aranjuez'' di Rodrigo. Il disco però non ha dato i risultati sperati, vuoi per l’uscita a ridosso del periodo estivo, vuoi per la promozione che è stata deludente. L’album inoltre non è completamente lirico, una scelta che non ha fatto breccia nell’attento e critico pubblico di settore. Il disco in più di un’occasione include suoni pop lontani dalla tradizione d’orchestra, anche se il punto di partenza sono le arie liriche più note. Una commistione di intenti, con qualche compromesso. Il successo discografico, per ora, rimane solo un sogno, anche perché il disco non è stato proposto all’estero, là dove l’attenzione ad un progetto come il mio poteva essere maggiore.
Hai mantenuto un rapporto con la tv e contatti con i tuoi “scopritori” artistici (Rudy Zerbi della Sony Italia già volto noto di ‘Amici’, Gerry Scotti e Maria De Filippi, furono i giudici che nel talent trasmesso da Canale 5 puntarono su Carmen)?
Purtroppo no. Maria e Gerry ho potuto conoscerli per pochi minuti solo a margine delle puntate del programma. Con Rudy, invece, ho avuto modo di lavorare per la realizzazione del disco: è una persona di grande umanità a cui devo molto. Mi spiace non poter ringraziare personalmente Gerry e Maria per l’opportunità che mi hanno dato, ma purtroppo, paradossalmente, nonostante sia in qualche modo stata “creata” dalla tv, non so come contattarli, né come fargli avere il mio ringraziamento. L’esperienza televisiva è stata comunque positiva, mi sono confrontata con tante persone di talento, desiderose di mettersi alla prova e di partecipare più che di vincere. Anche i conduttori Geppi Cucciari e Simone Annichiarico ci sono stati vicini, lui in particolar modo ha fatto di tutto per farci sentire a nostro agio, lei seppur più distante e formale è veramente una persona dall’umorismo straordinario.
In tv sei riuscita a far piangere Gerry Scotti, erano lacrime solo di facciata?
Anche lui ha fatto piangere me! Ero riuscita a trattenere l’emozione, poi quando l’ho visto piangere sono crollata. Essere arrivata al suo cuore è un gran traguardo. Perché cantare significa comunicare le proprie emozioni… vorrei essere riuscita a comunicare qualcosa con la musica, al di là della mia storia personale.
Ti paragonano spesso a Susan Boyle, cosa pensi in proposito?
Non mi piace molto come paragone, anche perché lei ha una bella voce ma non ha studiato. Io è da diciassette anni che studio canto lirico, con il maestro Vittorio Rosetto a Vercelli. Susan Boyle però ha venduto più di 400 mila copie di dischi solo nella prima settimana con il suo “I Dreamed a Dream”, per questo la invidio molto. Io non sono riuscita nemmeno a far sapere ai fan che mi hanno votata al televoto che ho fatto un disco. Senza promozione, senza un agente e con una serie di vincoli discografici imposti dall’etichetta le difficoltà sono davvero tante. Nonostante questo su Facebook i fan mi scrivono numerosi e anche il semplice passaparola qualcosa fa muovere, anche se con grande lentezza.
Riesci a cantare maggiormente nei teatri?
Qualcosa si sta muovendo, ma molto poco. Ripeto, senza un agente o senza un supporto a livello di contatti le difficoltà sono numerose: molti non mi chiamano perché pensano che abbia un cachet elevato, ma io sono molto disponibile, la mia aspirazione principale è il teatro, ma non nego che mi sono state proposte serate nei locali, soprattutto al sud, dove il pubblico mi ha accolto con favore. Non mi interessa il grande evento se poi resta isolato, preferisco riuscire a lavorare con continuità, in una dimensione che mi realizzi a livello artistico e personale, anche se più distante dalle luci della ribalta.
E a livello locale, come sei stata accolta dopo il reality?
A dire il vero non è cambiato nulla. Qui a Granozzo il sindaco mi ha consegnato una targa, io avrei forse preferito fare sentire qualche canzone ai miei concittadini, che sono e restano piuttosto freddi. Non parliamo di Novara, dove ho vissuto per vent’anni, nessuno nemmeno lì sembra essersi accorto di nulla, eppure credo che una persona che in qualche modo è riuscita a mettersi in luce potesse rappresentare un vanto ed una occasione di promozione per la città, più che per me in prima persona. A Novara gli spazi per la cultura vengono, a mio modo di vedere, mal sfruttati: sono pochi e non hanno programmazioni lungimiranti.
Quando e come hai cominciato a cantare?
Ho sempre cantato. Cantavo la domenica in chiesa, da piccolina. Poi ho cominciato a entrare in una corale polifonica e in varie altre corali, facendo di tanto in tanto delle piccole comparse a teatro, ma sempre tutto a livello amatoriale. Dopodiché sono entrata in conservatorio, ma con uno strumento: volevo imparare a suonare la chitarra, ma non c’era posto e così ho cominciato con l’arpa. Dopo due anni però sono passata al canto.
Ho fatto parte inizialmente come corista e poi in qualità di solista della corale polifonica “Libera musica”, nel 1991 sono entrata nella corale di Trecate “San Gregorio Magno”, sotto la direzione del maestro Mauro Trombetta, poi nel 1995 nel coro dell’istituto musicale Brera di Novara dove sono restata per tre anni, infine all'Amadeus Kammerchor di Trecate, diretto dal maestro Gianmario Cavallaro.
Come mai pensi di aver faticato così tanto ad avere successo nell’ambito del teatro lirico?
Per motivi fisici, perché da quando la lirica è arrivata in tv non si guarda più solo alla voce, ma anche all’aspetto fisico. Ora qualcosa si sta muovendo, di recente ho fatto un’audizione a Torre del Lago, dove mi hanno inviato il bando della loro prestigiosa accademia. Sto mettendo da parte anche i soldi per alcuni provini in America, lì ci sono delle agenzie liriche importanti, mi piacerebbe mettermi alla prova in un contesto estero.
Cosa ti è rimasto di tutti i sacrifici che hai dovuto affrontare per studiare canto?
I sacrifici hanno aiutato, perché innanzitutto ti insegnano a non arrenderti e in secondo luogo a stare con i piedi per terra.
In più di un’intervista hai dichiarato di voler acquistare, con i soldi del disco, un camper per spostarti insieme ai tuoi gatti, ci sei riuscita?
Diciamo che il titolo del cd, al momento, sta avendo un auspicio negativo: non è affatto facile vivere d’arte. Il camper non l’ho acquistato, per il momento.
Svelaci qualche segreto di Carmen nel privato, hai qualche hobby o qualche attitudine particolare?
Sono una ragazza normalissima. Accanto alla passione per la musica, c’è quella per gli animali: i miei gatti Lady Macbeth e Newt; la mia famiglia; poi da qualche tempo mi sono avvicinata ai balli rinascimentali e con le spade, faccio parte della Compagnia della Vergine che propone rievocazioni storiche di questo tipo. Se posso non mi tiro indietro per la beneficenza e il volontariato: a gennaio stiamo organizzando un concerto a Trecate a favore dei ragazzi down, qualche giorno fa ho cantato a Piacenza in un contesto sempre benefico, sono stata davvero lieta di farlo. Una curiosità che vi rivelo “in esclusiva” è farvi salire sulla mia automobile: io la chiamo “peluches mobile”… è piena di pupazzetti, dai quali non mi voglio assolutamente separare, nonostante i miei se ne vergognino e mi implorino di toglierli.
Non mi aspettavo di fare un disco, quando ho fatto il programma volevo semplicemente trovare un lavoro nell’ambito del canto lirico. L’idea del disco è venuta alla Capitol/Sony, l’etichetta che lo ha prodotto, che probabilmente ha voluto sfruttare il traino del programma. Lo abbiamo realizzato in una settimana, a Bologna, nello studio di Celso Valli, uno dei più importanti produttori italiani. Ha arrangiato per me alcune famose arie d'opera e popolarissimi brani classici. Con Celso Valli e il suo staff ho lavorato bene e mi sono sentita a casa, non ho avuto alcun timore in sala di registrazione, solo un momento di commozione particolare cantando l'Adagio di Albinoni, perché in quell'attimo ho pensato di dedicarlo a mia nonna che non è più vicina a me.
Tra le arie contenute nell'album, ci sono anche ''Casta Diva'' dalla 'Norma' di Bellini, ''Vissi d'arte'' da 'Tosca' di Puccini, ''Habanera'' da 'Carmen' di Bizet, ''O mio babbino caro'' da 'Gianni Schicchi' di Puccini, e popolarissimi brani classici come ''Adagio in Sol minore'' di Albinoni, ''Ave Maria'' di Schubert e ''Concerto di Aranjuez'' di Rodrigo. Il disco però non ha dato i risultati sperati, vuoi per l’uscita a ridosso del periodo estivo, vuoi per la promozione che è stata deludente. L’album inoltre non è completamente lirico, una scelta che non ha fatto breccia nell’attento e critico pubblico di settore. Il disco in più di un’occasione include suoni pop lontani dalla tradizione d’orchestra, anche se il punto di partenza sono le arie liriche più note. Una commistione di intenti, con qualche compromesso. Il successo discografico, per ora, rimane solo un sogno, anche perché il disco non è stato proposto all’estero, là dove l’attenzione ad un progetto come il mio poteva essere maggiore.
Hai mantenuto un rapporto con la tv e contatti con i tuoi “scopritori” artistici (Rudy Zerbi della Sony Italia già volto noto di ‘Amici’, Gerry Scotti e Maria De Filippi, furono i giudici che nel talent trasmesso da Canale 5 puntarono su Carmen)?
Purtroppo no. Maria e Gerry ho potuto conoscerli per pochi minuti solo a margine delle puntate del programma. Con Rudy, invece, ho avuto modo di lavorare per la realizzazione del disco: è una persona di grande umanità a cui devo molto. Mi spiace non poter ringraziare personalmente Gerry e Maria per l’opportunità che mi hanno dato, ma purtroppo, paradossalmente, nonostante sia in qualche modo stata “creata” dalla tv, non so come contattarli, né come fargli avere il mio ringraziamento. L’esperienza televisiva è stata comunque positiva, mi sono confrontata con tante persone di talento, desiderose di mettersi alla prova e di partecipare più che di vincere. Anche i conduttori Geppi Cucciari e Simone Annichiarico ci sono stati vicini, lui in particolar modo ha fatto di tutto per farci sentire a nostro agio, lei seppur più distante e formale è veramente una persona dall’umorismo straordinario.
In tv sei riuscita a far piangere Gerry Scotti, erano lacrime solo di facciata?
Anche lui ha fatto piangere me! Ero riuscita a trattenere l’emozione, poi quando l’ho visto piangere sono crollata. Essere arrivata al suo cuore è un gran traguardo. Perché cantare significa comunicare le proprie emozioni… vorrei essere riuscita a comunicare qualcosa con la musica, al di là della mia storia personale.
Ti paragonano spesso a Susan Boyle, cosa pensi in proposito?
Non mi piace molto come paragone, anche perché lei ha una bella voce ma non ha studiato. Io è da diciassette anni che studio canto lirico, con il maestro Vittorio Rosetto a Vercelli. Susan Boyle però ha venduto più di 400 mila copie di dischi solo nella prima settimana con il suo “I Dreamed a Dream”, per questo la invidio molto. Io non sono riuscita nemmeno a far sapere ai fan che mi hanno votata al televoto che ho fatto un disco. Senza promozione, senza un agente e con una serie di vincoli discografici imposti dall’etichetta le difficoltà sono davvero tante. Nonostante questo su Facebook i fan mi scrivono numerosi e anche il semplice passaparola qualcosa fa muovere, anche se con grande lentezza.
Riesci a cantare maggiormente nei teatri?
Qualcosa si sta muovendo, ma molto poco. Ripeto, senza un agente o senza un supporto a livello di contatti le difficoltà sono numerose: molti non mi chiamano perché pensano che abbia un cachet elevato, ma io sono molto disponibile, la mia aspirazione principale è il teatro, ma non nego che mi sono state proposte serate nei locali, soprattutto al sud, dove il pubblico mi ha accolto con favore. Non mi interessa il grande evento se poi resta isolato, preferisco riuscire a lavorare con continuità, in una dimensione che mi realizzi a livello artistico e personale, anche se più distante dalle luci della ribalta.
E a livello locale, come sei stata accolta dopo il reality?
A dire il vero non è cambiato nulla. Qui a Granozzo il sindaco mi ha consegnato una targa, io avrei forse preferito fare sentire qualche canzone ai miei concittadini, che sono e restano piuttosto freddi. Non parliamo di Novara, dove ho vissuto per vent’anni, nessuno nemmeno lì sembra essersi accorto di nulla, eppure credo che una persona che in qualche modo è riuscita a mettersi in luce potesse rappresentare un vanto ed una occasione di promozione per la città, più che per me in prima persona. A Novara gli spazi per la cultura vengono, a mio modo di vedere, mal sfruttati: sono pochi e non hanno programmazioni lungimiranti.
Quando e come hai cominciato a cantare?
Ho sempre cantato. Cantavo la domenica in chiesa, da piccolina. Poi ho cominciato a entrare in una corale polifonica e in varie altre corali, facendo di tanto in tanto delle piccole comparse a teatro, ma sempre tutto a livello amatoriale. Dopodiché sono entrata in conservatorio, ma con uno strumento: volevo imparare a suonare la chitarra, ma non c’era posto e così ho cominciato con l’arpa. Dopo due anni però sono passata al canto.
Ho fatto parte inizialmente come corista e poi in qualità di solista della corale polifonica “Libera musica”, nel 1991 sono entrata nella corale di Trecate “San Gregorio Magno”, sotto la direzione del maestro Mauro Trombetta, poi nel 1995 nel coro dell’istituto musicale Brera di Novara dove sono restata per tre anni, infine all'Amadeus Kammerchor di Trecate, diretto dal maestro Gianmario Cavallaro.
Come mai pensi di aver faticato così tanto ad avere successo nell’ambito del teatro lirico?
Per motivi fisici, perché da quando la lirica è arrivata in tv non si guarda più solo alla voce, ma anche all’aspetto fisico. Ora qualcosa si sta muovendo, di recente ho fatto un’audizione a Torre del Lago, dove mi hanno inviato il bando della loro prestigiosa accademia. Sto mettendo da parte anche i soldi per alcuni provini in America, lì ci sono delle agenzie liriche importanti, mi piacerebbe mettermi alla prova in un contesto estero.
Cosa ti è rimasto di tutti i sacrifici che hai dovuto affrontare per studiare canto?
I sacrifici hanno aiutato, perché innanzitutto ti insegnano a non arrenderti e in secondo luogo a stare con i piedi per terra.
In più di un’intervista hai dichiarato di voler acquistare, con i soldi del disco, un camper per spostarti insieme ai tuoi gatti, ci sei riuscita?
Diciamo che il titolo del cd, al momento, sta avendo un auspicio negativo: non è affatto facile vivere d’arte. Il camper non l’ho acquistato, per il momento.
Svelaci qualche segreto di Carmen nel privato, hai qualche hobby o qualche attitudine particolare?
Sono una ragazza normalissima. Accanto alla passione per la musica, c’è quella per gli animali: i miei gatti Lady Macbeth e Newt; la mia famiglia; poi da qualche tempo mi sono avvicinata ai balli rinascimentali e con le spade, faccio parte della Compagnia della Vergine che propone rievocazioni storiche di questo tipo. Se posso non mi tiro indietro per la beneficenza e il volontariato: a gennaio stiamo organizzando un concerto a Trecate a favore dei ragazzi down, qualche giorno fa ho cantato a Piacenza in un contesto sempre benefico, sono stata davvero lieta di farlo. Una curiosità che vi rivelo “in esclusiva” è farvi salire sulla mia automobile: io la chiamo “peluches mobile”… è piena di pupazzetti, dai quali non mi voglio assolutamente separare, nonostante i miei se ne vergognino e mi implorino di toglierli.
Intervista e foto di Roberto Conti
(pubblicata anche sul Corriere di Novara del 4/12/2010)
(pubblicata anche sul Corriere di Novara del 4/12/2010)
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