Abbassando l’indice di soddisfazione musicale a cui siamo più avvezzi, trattandosi del festival della canzone popolare, qualcosa di buono su Sanremo quest’anno va detto.
Le canzonette, che poi sono la ragione per cui il festival esiste, meritano qualche commento in più rispetto al rapido oblio in cui inevitabilmente cadono da un po’ di tempo a questa parte.
Escludendo a priori pochi brani di rara mostruosità, si può stilare una sorta di pagella che promuove una buona maggioranza dei concorrenti.
I veri vincitori saranno decretati come al solito dagli ascolti e dalle, sempre più limitate, vendite dei dischi.
-Pupo, Emanuele Filiberto e Luca Canonici: partiamo dal fondo, non c’è nulla da aggiungere alle vibranti proteste del pubblico e dell’orchestra. La canzone è quanto di peggio questa edizione di Sanremo abbia proposto e la loro presenza sul podio dei tre primi classificati, non fa altro che insospettire gli ascoltatori sulla correttezza del televoto. Voto 1.
-Noemi: bella voce, canzone anonima che non aggiunge nulla alle usuali melodie sanremesi. Voto 5.
-Fabrizio Moro: anche se ingiustamente escluso dai dieci finalisti, va detto che il brano è debole e neppure l’inusuale reggae sfoderato dal cantante, che si materializza soltanto al festival, raggiunge la sufficienza. Voto 5
-Enrico Ruggeri: forse uno dei brani più interessanti della gara, bel ritmo e bella melodia, anche lui iniquamente escluso dalla finale. Lo sentiremo senza dubbio in radio. Voto 8.
-Toto Cutugno: perchè non ritirarsi quando la presunta vena artistica si è esaurita e nemmeno i fan ti premiano più? Voto 2.
-Irene Grandi: la canzone è scritta dal leader dei Baustelle, indubbiamente un brano che meritava più consensi, bella voce e notevole la linea melodica postmoderna. Una vera cometa all’Ariston. Voto 8.
-Malika Ayane: meritatissimo il premio della critica, brano difficile, ma perfetto, complimenti all’interpretazione e all’autore Gino de Crescenzo, in arte Pacifico. Meritava la vittoria. Voto 8.
-Simone Cristicchi: forse ha abbandonato gli impegni sul sociale a cui aveva tenuto fede negli ultimi tempi, per tornare al genere scanzonato, ma il ritornello urlato, evocante “la première dame de France”, è davvero irresistibile. Voto 7.
-Marco Mengoni: la rivelazione di questa edizione, mefistofelico sulla scena e fantastica la voce, altro brano che meritava la vittoria, oltretutto la melodia era perfetta nel contesto. Voto 8
-Arisa: divertente, senz’altro una filastrocca allegra che però non convince fino in fondo. Aggiungono un tono coreografico le Sorelle Marinetti. Voto 6
-Irene Fornaciari: meglio la strofa del ritornello e non male la melodia nel complesso. La ragazza però non può chiedersi così tante volte “non capisco perchè il mondo piange”... troppo cresciuta per non saperlo. Voto 6
-Nino D’Angelo e Maria Nazionale: perchè escludere due personaggi che quanto meno hanno portato una ventata di ritmo mediterraneo sul palco? Brava lei, l’ultima icona della canzone popolare napoletana, sconosciuta ai più. Voto 6
-Povia: c’è da chiedersi se ha un disperato bisogno di soldi! Sono anni che porta a Sanremo brani artatamente costruiti per toccare la sensibilità di devastati teledipendenti “normali” come piacciono a lui. Voto 4
-Sonhora: aspiranti al titolo di idoli dei teen, ceffano completamente con un brano sbagliato per qualunque occasione. voto 4.
-Valerio Scanu: il vincitore; perchè? Viso d’angelo, voce rassicurante, melodia canonica da dimenticare in fretta. Voto 4.
Ma allora davvero “Sanremo è sempre Sanremo”?
Ai posteri l’ardua sentenza.
-Noemi: bella voce, canzone anonima che non aggiunge nulla alle usuali melodie sanremesi. Voto 5.
-Fabrizio Moro: anche se ingiustamente escluso dai dieci finalisti, va detto che il brano è debole e neppure l’inusuale reggae sfoderato dal cantante, che si materializza soltanto al festival, raggiunge la sufficienza. Voto 5
-Enrico Ruggeri: forse uno dei brani più interessanti della gara, bel ritmo e bella melodia, anche lui iniquamente escluso dalla finale. Lo sentiremo senza dubbio in radio. Voto 8.
-Toto Cutugno: perchè non ritirarsi quando la presunta vena artistica si è esaurita e nemmeno i fan ti premiano più? Voto 2.
-Irene Grandi: la canzone è scritta dal leader dei Baustelle, indubbiamente un brano che meritava più consensi, bella voce e notevole la linea melodica postmoderna. Una vera cometa all’Ariston. Voto 8.
-Malika Ayane: meritatissimo il premio della critica, brano difficile, ma perfetto, complimenti all’interpretazione e all’autore Gino de Crescenzo, in arte Pacifico. Meritava la vittoria. Voto 8.
-Simone Cristicchi: forse ha abbandonato gli impegni sul sociale a cui aveva tenuto fede negli ultimi tempi, per tornare al genere scanzonato, ma il ritornello urlato, evocante “la première dame de France”, è davvero irresistibile. Voto 7.
-Marco Mengoni: la rivelazione di questa edizione, mefistofelico sulla scena e fantastica la voce, altro brano che meritava la vittoria, oltretutto la melodia era perfetta nel contesto. Voto 8
-Arisa: divertente, senz’altro una filastrocca allegra che però non convince fino in fondo. Aggiungono un tono coreografico le Sorelle Marinetti. Voto 6
-Irene Fornaciari: meglio la strofa del ritornello e non male la melodia nel complesso. La ragazza però non può chiedersi così tante volte “non capisco perchè il mondo piange”... troppo cresciuta per non saperlo. Voto 6
-Nino D’Angelo e Maria Nazionale: perchè escludere due personaggi che quanto meno hanno portato una ventata di ritmo mediterraneo sul palco? Brava lei, l’ultima icona della canzone popolare napoletana, sconosciuta ai più. Voto 6
-Povia: c’è da chiedersi se ha un disperato bisogno di soldi! Sono anni che porta a Sanremo brani artatamente costruiti per toccare la sensibilità di devastati teledipendenti “normali” come piacciono a lui. Voto 4
-Sonhora: aspiranti al titolo di idoli dei teen, ceffano completamente con un brano sbagliato per qualunque occasione. voto 4.
-Valerio Scanu: il vincitore; perchè? Viso d’angelo, voce rassicurante, melodia canonica da dimenticare in fretta. Voto 4.
Ma allora davvero “Sanremo è sempre Sanremo”?
Ai posteri l’ardua sentenza.
Mauro Carosio
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