L’ep Forse rinasco composto da sei brani e si apre già con un pezzo molto bello, Antinoo, che mischia sound funcky a sonorità anni 80. E sono appunto queste sonorità che richiamano gruppi italiani di quegli anni come i Denovo e i Moda di Andrea Chimenti. Due canzoni sono cantate in inglese: ben riusciti anche questi episodi, più rock di quelli in italiano che appaiono pop e scanzonati. Questo disco è suonato davvero molto bene da tutti gli elementi e presenta anche dei testi molto particolari scritti dal cantante Alia. Tra i brani da segnalare, la sognante Centre stage e Melaverde, con una chitarra molto presente sia nella parte acustica che in quella distorta. Poi Tempo d’estate dove il funk la fa da padrone; il lavoro si chiude con Duglas in perfetto stile Deep Purple. Marco Colombo
Droptimes - Looking for the sun ***
Appena ascoltata la prima traccia di questo disco pensavo di trovarmi davanti ai nuovi Sigur Ros italiani, ma a parte l’uso dell’elettronica, sugli altri pezzi non c’è molto del collettivo islandese.
Il polistrumentista Alessio Catozzi e il cantante Alessandro Maranesi, in arte i Droptimes, da Porto Sant'Elpidio, presentano un lavoro interessante che mischia atmosfere quasi jazz, grazie ai fiati di Samuele Garofoli (tromba), Paolo Del Papa (trombone) e Antonangelo Giudice (clarinetto e sax) a pop e new wave. Dunque molta elettronica che però non sovrasta il lavoro creativo del duo che raggiunge anche momenti molto alti, ad esempio con la traccia n. 3 Wake up o con la n. 6 When it comes. Il disco è anche ben suonato e ben prodotto. Marco Colombo
Gli Acidi - Colione */
Che dire di questa band davvero insolita? A leggere le loro influenze sembrerebbe esserci molta carne al fuoco: Led Zeppelin, AC/DC, Black Sabbath, Jimi Hendrix, Doors, Beatles, Nirvana, Celentano, Battisti, Afterhours, Marlene Kuntz, Verdena, Le Vibrazioni... Sinceramente non ho trovato molto di queste influenze nei loro brani. I testi sono ironici, già nel pezzo Sette, il cui testo si basa interamente sui richiami di questo numero, si capisce che siamo di fronte a un disco di rock demenziale. Si passa poi alla cover dei Giganti Una ragazza in due, quasi una ballata dove la voce mi ha ricordato il più famoso Bugo. Poi ancora Tv colione dove il cantante canta “dove si finirà se non si cambia qualcosa”. Il disco si chiude con Viper 2, anche qui il rock è molto duro con delle discrete chitarre distorte e qui forse qualcosina dei Marlene si sente. Marco Colombo
Beatrix boulevard - Uncut ***
Che energia per l'esordio dei milanesi Beatrix Boulevard, che in Uncut propongono brani dalle sonorità cupe che rimandano a band come Deftones, Soundgarden, Pearl Jam e altri nomi del rock internazionale. Un ottimo lavoro non tanto e solo sul piano della produzione e degli arrangiamenti ma soprattutto per la bellezza e l’originalità della scrittura dei brani. Si parte con Innocent molto ben strutturata e cadenzata da una buona chitarra per sfociare dalla strofa ad un ritornello orecchiabile, poi c'è il secondo pezzo Beautiful con un ritornello che mi ha ricordato i Placebo, il terzo brano, Aria, passa all'italiano e ha tutte le carte per essere una canzone da heavy rotation. Sono numerosi i buoni episodi da segnalare: Thuesday è molto Pearl Jam nel cantato e anche nel suono, Yellow head invece mi rimanda ai Rem, mentre in Bakeria il cantante, il camerese Mauro Gilardi, urla arrivando quasi a un falsetto. Il disco, mixato da Guido Fioravanti, è da scoprire e sa regalare piacevoli e inattesi momenti di suggestione. Marco Colombo
S.e.n.s. (Sentieri erranti nella selva) - La rivoluzione della sincerità ***
La eco dei Nirvana et similia si sente in questo lavoro dei Sens, La rivoluzione della sincerità. Un disco ben suonato con chitarre corpose a avvolgenti che lascia cogliere in ogni brano alcune peculiarità. Vediamoli uno per uno: Illusione è il stile Pearl Jam per quanto riguarda le chitarre, Amaricante, la mia preferita, si fa notare per il bel cantato in falsetto, Atacama è molto potente, Divagazione sulla nascita mi ha ricordato qualcosa dei Porcupine Tree, ed infine Se vivessi in vita è un pezzo in perfetto stile grunge. Un lavoro ben suonato e onesto, ma che certo non mi ha fatto sussultare. Marco Colombo
Kiss me Emily - All in one **
Primo album per i Kiss me Emily, con pezzi abbastanza convincenti ma dai significativi richiami a band di culto come i Bloc Party. All in one è sicuramente ben suonato e trova anche momenti più pop rispetto al sound emo e punk che aleggia come dominante. Il brano che mi è piaciuto di più è stato The biggest lie of my life che si discosta dai canoni appena citati. Anche il pezzo Dance mi è piaciuto, cadenzato ed orecchiabile, così come Be there. Anche se questo disco non ha gran che di nuovo da dire, è comunque discreto e non deluderà gli amanti di questo filone tanto di moda. Marco Colombo
Marco Notari - Babele:noir ***
Sarà in vendita dal 7 novembre Babele:noir (Artes-Libellula), la ristampa in vinile a tiratura limitata (999 copie) del concept-album di Marco Notari Babele del 2008. Oltre ad un brano inedito, Babele:noir conterrà un booklet dove troveranno spazio tredici racconti, uno per ogni canzone del disco, corredati da altrettante illustrazioni. I racconti, scritti dallo stesso Marco Notari, narrano la vicenda di Cristiano e Lucia assumendo la forma di un vero e proprio romanzo breve. Ad accompagnarli le suggestive tavole realizzate da alcuni tra i migliori illustratori italiani, sotto la direzione artistica di David Vecchiato (curatore artistico della galleria d’arte Mondo Pop e ideatore del progetto I.U.K.). Il vinile sarà disponibile sul sito web della Libellula e ai concerti. Babele:noir, oltre che un vinile, diventerà una mostra, che tra dicembre e febbraio toccherà Roma, Torino e Milano. Giovanna Oceania
Il disordine delle cose - Il disordine delle cose ***
Lo aspettavo da tempo il disco dei concittadini Il disordine delle cose, ed è arrivato -puntuale- un buon lavoro farcito di collaborazioni importanti. Sono proprio le collaborazioni a dare un valore aggiunto notevole al disco, ma forse a stemperare un po' la personalità propria della band.
L'album è stato registrato a Torino e vede la produzione artistica di Gigi Giancursi e Cristiano Lo Mele (Perturbazione). E' un lavoro d'esordio molto curato nei testi rigorosamente in italiano, negli intrecci melodici delle voci e negli eleganti arrangiamenti musicali, impreziosito dalle partecipazioni di artisti come Syria, Carmelo Pipitone (Marta sui Tubi), Paolo Benvegnù, Elena Diana e Tommaso Cerasuolo (Perturbazione), Marco Notari, Enrico Allavena (Blubeaters), Marcello Testa (La Crus), Giotto Napolitano (Fratelli di Soledad) e tanti altri.
L’album si apre con Il colore del vetro, dove Giancursi e Lo Mele dei Perturbazione suonano. Si prosegue con L'altra metà di me stesso dove l’inconfondibile chitarra di Pipitone dei Marta sui tubi si riconosce subito. Molto bello anche qui il testo e la bellissima voce di Naif che rende il brano ancora più particolare. Don Giovanni parla del sesso fatto dai preti, mentre L’idiota rimanda a un noto 'personaggio' della politica italiana, anche se le note malinconiche del pezzo e il testo lo rendono quasi simpatico, anche a chi non lo stima come il sottoscritto. Muscoli di carta vede un Notari ispiratissimo ai Rodhes. In Infezione, la mia preferita, il piano di Luca Schiuma tocca le corde dell’anima, con la magnifica voce di Syria che sa commuovere. L’astronauta è molto Martiana (nel senso Marta sui Tubi); in Il Pittore del mondo le chitarre di Giancursi si mischiano a quelle di Pipitone creando un'atmosfera interessante rafforzata sempre dal testo di Manzella. Un disco che offre tanti spunti, il compito di raccoglierli sta a voi e alla vostra voglia di saperli ascoltare. Marco Colombo
The one's - The debut of Lady June ***/
Secondo album della Foreas che recensisco e devo ammettere che questa etichetta se ne intende di validi emergenti. Stavolta tocca ai napoletani The one’s con il loro The debut of Lady june.
Canzoni che definirei country pop perché anche se ci ricordano la tradizione americana in tal senso, sono molto semplici ed orecchiabili. Si parte con la scanzonata Dream con una bella armonica, per poi proseguire con Brown-haired girl che mi ha ricordato Dylan, alla country Midnight’s talker; invece in I’ll disappear si passa quasi a un rock anni 70 alla Creedence o alla Rolling stones. Little fun, cantata molto bene, mi ha addirittura fatto venire in mente qualcosa dei recentissimi Travis, Kathy and me è la mia preferita, dolcissima e intima con un piano'morbidissimo'. All night bar potrebbe far invidia agli Artic Monkeys, mentre I haven’t lost my hope, yet è quasi Spreengstiniana nella sua manlinconia. Un'ottima scoperta. Complimenti. Marco Colombo
Nessun commento:
Posta un commento