14 settembre 2017

Melodia e fantascienza, lo strano connubio musical-letterario dei Neuromant

William Gibson, ma non solo: se dal nome della band, ed anche dal titolo del disco, si evince che il cyberpunk ha molto influenzato i Neuromant, è altrettanto vero che pure Ballard e Dick finiscono nel frullatore delle influenze letterarie dichiarate dalla band umbra. Un bel cartellino da visita per un appassionato di fantascienza come me, ma è la musica che alla fine deve parlare, nel caso specifico un post-rock suonato con l’attenzione equamente divisa fra sperimentazione ed attitudine pop, con una preponderanza finale di quest’ultima.

Che Diego Narcisi e soci non disdegnino carezzare le orecchie dell’ascoltatore lo testimonia già l’iniziale Trees or teeth che, pur sostenuta da un basso massiccio e da distorsioni che entrano senza timori reverenziali nei ritornelli, si regge principalmente sulla rilassata melodia vocale.  Dreaming water  non fa che confermare questo approccio sinuoso alle orecchie dell’ascoltatore, blandendolo col solo piano per la maggior parte del pezzo per poi lasciargli comunque uno spazio preponderante anche quando, dopo un’efficace progressione, synth e basso tentano di fare la voce grossa. Non mancano per fortuna brani dove la ricerca sonora si sposta su lidi più grezzi: la bellissima Penguin’s parade ad esempio,  in cui una sezione ritmica ossessiva controbilancia efficacemente la melodiosa componente elettronica, o Emptiness, dove sonorità post-punk che in qualche punto ricordano i Cure caricano di tenebre l’atmosfera.
La melodia e l’ariosità degli arrangiamenti sono comunque padrone incontrastate, e c’è da dire che un simile approccio funziona efficacemente quando supportato dalle idee, come ad esempio nella multiforme All the crazy voices, ben strutturata come un saliscendi d’emozioni che pecca solo nello staccare troppo violentemente dalle distorsioni alla melodia nel finale: funziona però meno quando a salvare dalla monotonia Leaving souls devono arrivare i synth a due terzi del brano, o nella breve e malinconica prova pianistica di I feel. Qua e là spuntano i Radiohead come numi tutelari  (il cantato di Diego fa spesso il verso a Thom Yorke), e la conclusiva Lullabye non fa mistero di questa influenza, visto che ricorda molto da vicino la celeberrima No surprises della band britannica.

Melodie efficaci e buone strutture sono un ottimo biglietto da visita per il progetto musicale dei Neuromant, ma l’attitudine pop li rende al contempo facilmente ascoltabili ed altrettanto dimenticabili. Si può osare di più, e quel germe di trasgressione sonora che emerge qua e là andrebbe ben nutrito per portare la band verso un suono più personale. Stefano Ficagna

Tracklist:

1. Trees or teeth
2. Penguin's parade
3. Dreaming water
4. Emptiness
5. Cold wind fat world
6. Leaving souls
7. All the crazy voices
8. I feel
9. Cyberbirds
10. Lullabye

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