I primi tre capitoli di Furore sono totalmente invasi dal sole. L’autore americano ne parla come se fosse un’immane essenza, lo aliena dalla sua straordinarietà e lo fa apparire quasi come una condizione umana. Un parossismo al contrario, se ci si pensa bene. Lo split tra i romagnoli Havah e i comaschi His electro blue voice dà lo stesso effetto: è una musica che avvolge, capace di dare un senso esasperato di ansia e costernazione, capace di far riflettere su ciò che si stia ascoltando sino alla frustrazione. Non sto esagerando.
Esce in formato 12” per Maple death records, etichetta bolognese alla seconda produzione dopo un convincente esordio con l’EP omonimo degli Stromboli e con le idee ben chiare su cosa sia giusto e cosa sia sbagliato. Benissimo. Troviamo i cinque brani degli Havah e l’unico degli HEBV. Sì, un unico brano di diciannove minuti. Ma andiamo con ordine. Gli Havah sono tutto ciò che una decennale cultura musicale può produrre, un punto di arrivo in continuo movimento, una passione da custodire gelosamente; suonano forti forti una new wave che pur nella sua schiettezza e la sua “normalità” non ha precedenti se non negli anni ’80. La suonano forte e la cantano in italiano impastando voci, linee di chitarra, accorgimenti elettronici e basso in maniera ordinata e vorticosa al tempo stesso. Combattono una guerra come in Volto e Organizzare l’odio, ma sanno anche essere più brutalmente attaccati alla terra ed ai rapporti degli esseri che la calpestano come in Gelo.
Gli His electro blue voice invece approdano a questo split dopo un ultimo disco per Sub pop. Sì, quella Sub pop. Il loro brano, intitolato Tartlas, non è riconducibile ad un giudizio unico: una storia che deve essere raccontata non può sottostare ad alcuna regola temporale. Così, ecco i diciannove minuti di cui sopra. Una vera e propria odissea che spazia dal post-qualsiasi cosa al minimal, esplodendo con ritmi più acutamente rock e ripassando il tutto con una voce affettata e corale capace di mettere i brividi. Gli HEBV con questa canzone sono informali, pesanti e punk. Devastanti le pause ed irriverenti le parti cantate, il pezzo percorre, in un’irrazionale isotropia, infimi cunicoli e sconfinate praterie. Senza strabordare dalle linee guida né mollare mai un colpo.
Lo split tra Havah e His electro blue voice trasuda passione, consapevolezza e disincanto. Andrea Vecchio
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