Le dieci tracce di quest'album vanno gustate, una per una, sprofondati in una comoda poltrona, gli occhi chiusi e la mente sgombra: saranno i deliziosi acquerelli sonori di Natan a costruire dal nulla un mondo fatato in cui perdersi e vagare col naso all'insù per una quarantina di minuti.
In realtà è facile che la cognizione razionale del tempo venga meno quando si seguono i sentieri di mattoni gialli e si sorvolano i tetti a bordo di un drago gentile. Una volta atterrati e tornati nella propria stanza si proverà l'impulso di ripartire subito, il viaggio è stato troppo breve e ancora tante sono le cose da scoprire e i personaggi da conoscere nella soundless land di Natan.
Ci sono i Pink Floyd e le loro atmosfere rarefatte, i ritmi contenuti e le articolate armonie che, risolvendo, aprono la via a un'altra dimensione; ma c'è anche il rock duro e puro a spartirsi la torta, insieme ai vistosi schizzi di blues dei glissando discendenti piazzati qua e là a confondere piacevolmente le idee. Come per l'immortale quartetto di Londra, la base ritmica è molto semplice, regolare, quadrata, assume la funzione di punto di riferimento, di àncora, di una sorta di griglia, di corpo nudo da vestire e rivestire di pregiati veli e tessuti.
Fino alla settima traccia: Frivolous parte con un incalzante tempo dispari dal suono grave, che porta alla mente una danza africana, a cui si sovrappongono subito un breve e ritmato giro di chitarra e gli accenti del basso. La linea vocale richiama vagamente situazioni country, I am a man of constant sorrow ha dei tratti in comune col brano in questione, che pure si avvale di fulminei ed entusiasmanti inserti di hammond e synth. Troppo presto giunge il finale che, dopo un passaggio di eterea sospensione, riprende l'incipit per qualche battuta, tuffandosi quindi in un crescendo che lascia sperare in una ripresa del pezzo ma ne segna invece la definitiva chiusura.
Riecheggiano in varie occasioni sonorità classiche della storia del rock, complice il sapiente uso (mai abuso) dell'hammond, dai Doors ai Jethro Tull fino ai R.E.M., mentre si intravedono sullo sfondo i profili di Vedder e Staley nell'"aspirante singolo" Way out e nel conclusivo accenno di ballata When it's going to end.
Tra i miei personali brani favoriti è Too clever, con i suoi futuristici e spaziali arpeggi di tastiere, reiterati ossessivamente sullo sfondo, e la calda voce dalla melodia che rapisce. A proposito di reiterazione, che dire di Freed rock e del campanaccio ipnotico che puntella i quarti, complice di un sound oscuro, quasi disperato, spia di fobie sotterranee?
Ḕ possibile, nonché vivamente consigliato, ascoltare l'intero album a questo indirizzo: http://natanrondelli.it/the-music. Luca Manni
Ci sono i Pink Floyd e le loro atmosfere rarefatte, i ritmi contenuti e le articolate armonie che, risolvendo, aprono la via a un'altra dimensione; ma c'è anche il rock duro e puro a spartirsi la torta, insieme ai vistosi schizzi di blues dei glissando discendenti piazzati qua e là a confondere piacevolmente le idee. Come per l'immortale quartetto di Londra, la base ritmica è molto semplice, regolare, quadrata, assume la funzione di punto di riferimento, di àncora, di una sorta di griglia, di corpo nudo da vestire e rivestire di pregiati veli e tessuti.
Fino alla settima traccia: Frivolous parte con un incalzante tempo dispari dal suono grave, che porta alla mente una danza africana, a cui si sovrappongono subito un breve e ritmato giro di chitarra e gli accenti del basso. La linea vocale richiama vagamente situazioni country, I am a man of constant sorrow ha dei tratti in comune col brano in questione, che pure si avvale di fulminei ed entusiasmanti inserti di hammond e synth. Troppo presto giunge il finale che, dopo un passaggio di eterea sospensione, riprende l'incipit per qualche battuta, tuffandosi quindi in un crescendo che lascia sperare in una ripresa del pezzo ma ne segna invece la definitiva chiusura.
Riecheggiano in varie occasioni sonorità classiche della storia del rock, complice il sapiente uso (mai abuso) dell'hammond, dai Doors ai Jethro Tull fino ai R.E.M., mentre si intravedono sullo sfondo i profili di Vedder e Staley nell'"aspirante singolo" Way out e nel conclusivo accenno di ballata When it's going to end.
Tra i miei personali brani favoriti è Too clever, con i suoi futuristici e spaziali arpeggi di tastiere, reiterati ossessivamente sullo sfondo, e la calda voce dalla melodia che rapisce. A proposito di reiterazione, che dire di Freed rock e del campanaccio ipnotico che puntella i quarti, complice di un sound oscuro, quasi disperato, spia di fobie sotterranee?
Ḕ possibile, nonché vivamente consigliato, ascoltare l'intero album a questo indirizzo: http://natanrondelli.it/the-music. Luca Manni
Il progetto musicale degli Eit nasce a Carrara dall’unione di musicisti provenienti da differenti esperienze artistiche. La band è composta da Gabriele Grassi, Alessio Iardella, Matteo Nerbi, Gianluca Prezzemoli e Simone Rossi. Il gruppo si forma nel 2008 e per due anni si dedica alla realizzazione di brani inediti. Nel 2010 incomincia l'attività live a supporto del disco nel frattempo realizzato, Meccanismi, presentato al Mei di Faenza. Sospesi tra pop e rock cantautorale, gli Eit presentano un’originalità incredibile che non trova, a mio parere, nessuna altra band simile nel panorama musicale italiano. I testi sono allo stesso tempo impegnati e poetici: le parole sono sempre molto appropriate ed esprimono alla perfezione immagini e momenti. L’album ha una buona produzione artistica ed ottimi suoni. Tra i pezzi che mi sono piaciuti di più, L’entrata in scena con chitarre molto presenti e rock, Seduttrice qualunquista, brano che muove critica ai mezzi di informazione, con un sound classico, piano e voce, che mi ha ricordato qualcosa di Andrea Chimenti data la sua leggerezza ed eleganza; Da te a me, incantevole, poetica e malinconica allo stesso tempo. Nel disco si susseguono canzoni pop e ballad di grande stile compositivo con un crescendo davvero emozionante: L’odio ha un testo anch esso molto evocativo e ottime aperture di chitarra. Tutto l'ascolto si caratterizza per la buona intensità e l'originalità compositiva che mi ha davvero emozionato. Marco Colombo
The Jackie O’s Farm - Sandland **/
Non smette di stupirci la Foreas con i suoi gioielli. Pur avendo l’aspetto tipico da boy band, ovvero fisico atletico, immagine patinata, stile cool e sorrisi smaglianti, i Jackie O’s Farm sono dei veri musicisti, suonano dell’ottimo alternative rock all'americana. Registrato allo West link studio di Pisa con la produzione artistica di Alessandro Sportelli e la collaborazione di Marco Capozzi, chitarra acustica e cori per il brano Wide awake, l’album strizza l’occhio a quel rock Anni '90 che ha visto tra i suoi protagonisti gruppi made in Usa diversi tra cui spiccano di certo i Pavement. Tra i brani che mi sono piaciuti di più Killer in love, che fa riferimento ad un romanzo di Luis Sepúlveda, Diario di un killer sentimentale. Anche il titolo del disco Sandland è una citazione che attinge ad antichi proverbi sahariani. Il disco è interessante e merita un ascolto. Marco Colombo
Telesplash - Bar Milano ***
Solari, simpatici e pure belli. Il gruppo aretino Telesplash torna con un nuovo disco dopo l'ep Forever Together che aveva catturato l'attenzione degli addetti ai lavori per il suo suono "festaiolo" ispirato a Beach Boys e Beatles.
Solari, simpatici e pure belli. Il gruppo aretino Telesplash torna con un nuovo disco dopo l'ep Forever Together che aveva catturato l'attenzione degli addetti ai lavori per il suo suono "festaiolo" ispirato a Beach Boys e Beatles.
A novembre 2010 è uscito Bar Milano, loro primo album, cantato interamente in italiano.
Bar Milano è il luogo dove le storie di tutti i giorni diventano raggi di sole, dove è bello ritrovarsi sospesi in una rara leggerezza, dove la vita di provincia regala stimoli inaspettati e l'amore si vive senza tempo. Con l'ironia sottile e l’invidiabile capacità di non prendersi troppo sul serio, la formazione al suo debutto su lunga distanza porta il suo mondo nei cuori di tutti, raccontandolo con le parole più semplici in un coloratissimo immaginario sixties. Anche noi di Asap condividiamo a pieno queste parole tratte dalla loro presentazione. Li avevamo già recensiti molto positivamente per il loro ep Forever togheter. Anche questo secondo lavoro presenta episodi interessanti come L’aurora di ispirazione Oasis, Giulia fresco power pop radiofonico, Gli stimoli anch’essa molto pop e di facile ascolto. Marco Colombo
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