Se aspettare 12 anni per vedere la propria band preferita dal vivo vi sembra assurdo, “this is my truth, tell me yours”: a me è capitato. I Manic Street Preachers, band gallese attiva dalla fine degli anni '80 e considerata tra le più importanti del genere britrock, è osannata in patria ma quasi ignorata nel nostro paese dove non suona dal 1998 (si sa che il pubblico italiano è molto influenzabile dalle mode). E proprio in quell'anno, quando uscì il loro quinto album trainato dal famoso singolo If you tolerate this your children will be next, io me ne innamorai perdutamente andando poi a ritroso nella loro storia e scoprendo una band eclettica e originale.
Ora che i Manics sono giunti al decimo album, intitolato Postcards from a young man, ho colto l'occasione per assistere ad un loro concerto nel Regno Unito, dove stanno registrando il tutto esaurito in quasi ogni data. Sabato 9 ottobre ero quindi a Blackburn, prima fila nel teatro cittadino dove, neanche a dirlo, hanno fatto sold out.
Giovani in divisa da fan (giacche leopardate o mimetiche e boa di struzzo, eyeliner e brillantini che il bassista Nicky Wire usava quando ancora gli emo erano bimbetti con la candela al naso), ma anche persone di mezza età e una quantità incredibile di “bonkers”: un pubblico eterogeneo per una band che lo è altrettanto.
Ad aprire il concerto i British Sea Power, band originaria di Brighton che colpisce soprattutto per la grande energia: suoni martellanti e melodie ipnotiche scaldano un clima già rovente.
Poi ecco entrare James Dean Bradfield, Sean Moore e uno dei miei idoli assoluti di gioventù (e non soltanto) Nicky Wire, mentre la scenografia prevede manichini coperti da boa di struzzo e le immancabili bandiere con il drago rosso del Galles. La prima traccia è l'inno punk You love us, brano estratto dall'album di debutto dei Manics, quando in piena epoca new wave osarono sfidare il trend musicale con canzoni che parlavano di consumismo, politica e arte.
La voce in ottima forma di James domina una musica che spazia dal britpop delle più recenti Autumn Song e It’s Not War (Just The End Of Love) al punk scatenato delle intramontabili Stay Beautiful e Faster. L'energia di una band formata ormai da quarantenni è incredibile, da far vergognare molti sbarbatelli che pretendono di suonare punk oggigiorno.
Il gruppo è accompagnato dal tastierista e da un secondo chitarrista che viene però rigorosamente tenuto in disparte: dopo la misteriosa sparizione di Richey Edwards i Manics non hanno mai voluto rimpiazzarlo ufficialmente ma soltanto in alcune esibizioni live.
Uniche cover dello spettacolo sono Suicide is Painless, sigla di M*A*S*H che è stato anche un loro singolo nel 1992 e la prima strofa di Into the Valley degli Skids, che fa da intro ad uno degli inni dei Manics, Motown Junk. Ultimo pezzo in scaletta A Design for Life, brano epico che con un incipit marxista riassume il pensiero dei Manics “we don't talk about love / we only wanna get drunk”.
Giusto il tempo di ottenere il poster del tour al box office, incontrare i miei idoli facendomi firmare la copertina del nuovo album e parlare un pò con loro (sorry, nessuna data in Italia in previsione) e poi tornare in Italia... meno male che il Paese grigio dicono sia la Gran Bretagna.
Per i Manics fans: è attiva dal 2004 la loro community ufficiale italiana, la trovate su http://manics.forumfree.it/. Altre foto sono disponibili su http://www.debored.it/.
Diana Debord
BELLISSIMOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!... ^^
RispondiEliminaDevo dire che è stato davvero un concerto meraviglioso da come l'hai descritto!... e poi il finale insieme hai MANIC non ha prezzo!!!... = )
Felipe Perez Leal
Grandioso!!!!Chissà se mai riuscirò anch'io a vedermi un loro concerto.
RispondiElimina