27 ottobre 2010

I Ministri come Antonella Clerici, parola di commessa

In questo che è già un rush finale verso il traguardo del Natale, il disco dei Ministri veleggia nelle prime posizioni della batteria riservata alla musica indie. Anche la commessa della Fnac conferma che stanno andano forte. Mi ha detto: "Se Antonella Clerici riesce a vendere migliaia di copie del suo libro con la ricetta della bistecca alla milanese, non vedo perchè non debbano vendere anche i Ministri"... Cosa avrà voluto dire?!
Io nell'ascolto sono un po' combattuto. I pezzi mi prendono molto, hanno un interessante appeal comunicativo, anche se hanno un retrogusto di adolescenza che non riesco a catalogare come elemento positivo o negativo a priori.
Fuori è orecchiabile ed immediato: non mancano i temi impegnati, come l'ambientalismo (La petroliera), l'isolarsi per sfuggire alle mestizia della società che ci circonda e alla guerra (Gli alberi), le aspettative disilluse (Vestirsi male). I Ministri sono abili nel toccare le corde dell'emotività con parole semplici, dirette. Scelgono, per farlo, uno stile meno aggressivo rispetto ai dischi precedenti, più malinconia e un tentativo di avvicinarsi al cantautorato, smorzato però dal timbro vocale di Davide Auteliano che con la musica testualmente impegnata non azzecca un gran che.
Nei suoni si fa spazio una componente elettronica che prima non c'era costituita da tastiere e batteria elettronica. L'evoluzione musicale c'è, ma nulla dell'impasto sonoro che aveva determinato il successo della band è stato tolto: solo aggiunte, direi abbastanza azzeccate.
Non mi fa impazzire l'apertura, Il sole, con un accenno di stoner. Episodi particolarmente indovinati risultano invece Che cosa ti manca, Vestirsi male e il singolo di lancio Gli alberi che mantengono una attitudine grintosa, arricchita da variegature pop che le rendono godibilissime.
Altri pezzi risultano più interlocutori: Una questione politica, ad esempio, dovrebbe continuare il "discorso" incominciato con Tempi bui, ma il messaggio si tronca e rimane sospeso in una serie di slogan inconcludenti, anche musicalmente si è tentato di ricreare atmosfere dilatate e psichedeliche (vedi certi Verdena), assolutamente senza successo.
Anche Tutta roba nostra è un pastone di generi che mi dice poco. Forse l'episodio peggiore.
Deliziosa invece l'ultima traccia Vorrei voderti soffrire, seguita da una ghost track splendida che avrebbe a pieno titolo meritato di essere inserita tra i brani "titolari" del disco.
Fuori si conferma un album interessante, dal gradimento immediato, anche se l'errore più eclatante potrebbe essere quello di sopravvalutarlo in partenza. Roberto Conti

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