The Ranj - The Ranj ***
Il nome del gruppo è una parola sanscrita che vuol dire "colorare", e sicuramente la musica di questo quartetto formato da quattro studenti del conservatorio di Vicenza mischia ai suoni tipici di un certo indie rock il suono del Ràga, cioè la melodia che contraddistingue la musica indiana. Suonato sicuramente bene, visto il curriculum dei quattro, l'album si presenta davvero originale: il sitar incontra la chitarra elettrica, il canto indiano accompagna distorsioni dure, creando accostamenti non consueti e una certa complessità di ascolto. Personalmente mi sono piaciuti molto Immacolato, dove chitarre dai suoni imprevedibili e percussioni la fanno da padrone e Jogava, dove sonorità orientali si accoppiano al post rock.
Mi hanno ricordato anche alcuni passaggi del periodo psichedelico dei Beatles. Marco Colombo
Matta-Clast - Lontano da qui **
I Matta-Clast sono di Perugia e sono Nicola Frattegiani (voce e chitarra), Paolo Coscia (synth) e Tommaso Boldrini (batteria). Non hanno il basso e già questa scelta li fa un po’ diversi dal canone classico della band. Lontano da qui fonde un ampio uso dell'elettronica con momenti noise e rock, creando un insieme nel complesso robusto e piacevole. Forse è troppo semplice paragonarli ai Marlene Kuntz, specialmente nel cantato, molto vicino all'attitudine (e ai testi) dei primi Marlene: brani da segnalare: Cattura, Matta TST, Zona cieca, Coda e Maga. M. Col.
Taster's choice - The Rebirth ***
La band livornese dei Taster's choice si è formata dal 1999, passando nel tempo dai 4 ai 7 elementi attuali. Nel 2005 il loro esordio, Shining, fu un disco assolutamente convincente, ora da Bagana records arriva questo nuovo lavoro, The Rebirth, che conferma la grande solidità della band che propone un crossover cantato in inglese assai potente, con ampie vicinanze a gruppi internazionali come Korn, Rage against the machine o Linkin park.
A me è piaciuta tantissimo in chiave crossover di Superstition di Stevie Wonder; tra gli altri pezzi segnalo Make your game, Our Symphony, Enjoy the noise e Box of illusion.
Suonato molto bene, non fa rimpiangere più di tanto le sopracitate produzioni internazionali, il disco si presenta completo e corposo, arricchito da tastiere e samples. Probailmente questo lavoro non innoverà di molto la scena musicale di settore, ma rappresenta una certezza per gli amanti del genere che lo ascolteranno senza il timore di incorrere in spiacevoli sorprese. Marco Colombo
Leitmotiv - L'audace bianco sporca il resto ****
Un’estetica del disordine, questa potrebbe essere la sintesi per definire lo spiazzante debutto dei Leitmotiv. A dispetto del nome, i cinque ragazzi salentini si divertono a disorientare piacevolmente l’ascoltatore con un album tanto interessante quanto eccentrico rispetto al panorama musicale nazionale. Scegliendo una strada tutt’altro che comoda, la band attraversa più generi, passando con non-chalance da melodie psichedeliche a slanci di rock classico, fino ad esplorare mondi sconosciuti dalle sonorità che ora profumano d’oriente e ora di caffè francesi. I Leitmotiv non dimenticano le origini, come dimostra Donca, una taranta in dialetto che spicca come uno dei brani migliori dell’intero lavoro o Acqua di luna, altra canzone dall’atmosfera mediterranea di grande impatto. Un debutto oltraggiosamente disomogeneo che non nasconde comunque una grande bravura tecnica ed espressiva. Il disco, curato in ogni minimo particolare, si avvale della collaborazione di Maurice Andiloro (già coadiutore degli Afterhours e Vinicio Capossela); la produzione è affidata ad un altro nome noto: Amerigo Verardi (ex produttore dei Baustelle). Il risultato finale non può che lasciare sbalorditi, incuriositi e con la voglia di riascoltare tutto da capo. Aspettiamoli al varco della seconda prova! Mauro Carosio
The Marigold - Tajga ***
Forse non è ideale ascoltare un disco dalle sonorità cupe come Tajga, che nel caldo estivo ci materializza in una fredda landa nordica, in pieno agosto. Ma questo secondo lavoro degli abruzzesi The Marigold dona un piacevolissimo distacco, con i suoi brani rarefatti e sognanti.
Con la produzione di Amaury Cambuzat (Ulan Bator), già presente nel precedente Erotomania, e con la partecipazione di Daniele Caretti (Offlaga Disco Pax) l’album si presenta molto scuro, cupo, con un sound che a tratti si avvicina ai Mogway o ai Cure che sicuramente sono tra i riferimenti più vividi della band. Il disco si apre con Example de violence, cupissima, poi Tundra, la mia preferita, la più post-rock dove ancora una volta c'è il gioco solista-cori che crea immateriali visioni oniriche, come se stessimo osservando i colori in movimento di un'aurora boreale. Swallow è un altro brano molto dark ed evocativo. Eleven years è forse il pezzo che mi ha convinto meno, mentre la successiva Sin, un pezzo orecchiabile con un sapiente uso della voce, rappresenta un altro episodio assai convincente di questo ottimo disco, che certifica un importante allungo della band che nel cuore della Tajga sa avvolgere e stordire con una musica che difficilmente lascia indifferenti. Marco Colombo, Roberto Conti
Ka mate Ka ora - Thick as the summer stars **/
I Ka mate Ka ora, da Pistoia, debuttano con questo disco registrato in presa diretta e prodotto dallo statunitense Kramer, un lavoro che esplora strade contorte, percorsi complicati, prendendosi tutto il tempo che serve. E' infatti un lavoro all'insegna della lentezza, che si apre con una bella strumentale Pony’s broken leg. Si prosegue così con All around, anch’essa lenta e maestosa che mi ha ricordato i Giardini di Mirò con quelle chitarre a ripetere fraseggi sospesi. Calm down, la mia preferita, vede la voce di Stefano raggiunge quelle profondità da brividi che creano un grande senso di romanticismo all'insieme. Poi si prosegue con la lunghissima Draw a straight line and follow it anche questa solenne, poi Shaving anti-clockwise, Kid song, Bonnie e Rain is coming faster a chiudere questo bello quanto difficile disco (che nel titolo riprende un verso di William Blake) dalle sonorità alla Mogway e alla My bloody Valentine che fa del suono lento e dilatato la sua delizia, ma anche la sua croce. Marco Colombo
Fabryka - Istantanea ***/
I Fabryka sono di Bari e sono attivi dal 2004. Il nome della band l’ha trovato Tiziana, la cantante, leggendo la filmografia del regista polacco Kieslowski. Istantanea è un ottimo lavoro, fresco e gradevole come poche volte riesce alle giovani band che spesso preferiscono incunearsi in cervellotiche nicchie di genere a tutto discapito dell'ascolto (e dell'ascoltatore). In questo caso il disco scivola via che è un piacere e il richiamo elettro pop a Bjork o alle varie italiane Meg, Lara Martelli ecc -che potrebbero essere i primi riferimenti che vengono in mente- tutto sommato è lieve e non troppo ingombrante. Freschi e curati sono anche i testi che raccontano sentimenti ed emozioni che, come spiega la band, sono comuni un po’ a tutte le persone: così si parte con Passi distratti dove una fisarmonica e la voce distorta di Tiziana la rendono originale. In un mondo semplice è sospesa con un fantastico piano e dei bei sinth; Ragazza del 76 racconta di un amore difficile dove Tiziana canta “senza di te il sonno non è così facile...” molto romantica e malinconica “un amore può liberare o distruggere...” . Tra i brani da segnalare anche Febbraio e Wonderland che mi ha ricordato Bjork da vicino, soprattutto nella parte suonata. Il disco si chiude con Legami, anche questa molto radiofonica. Un elettro pop orecchiabile e cantato in italiano, una voce che colpisce e sa toccare le corde giuste, senza appesantire, questi sono gli ingredienti di Istantanea. Marco Colombo
Nessun commento:
Posta un commento