15 febbraio 2016

Lettere scambiate, il nuovo dei Minnie's

Il nuovo dei Minnie’s vuole dare un significato nuovo ad un album composto di soli quattro pezzi. Provateci voi. Perché io me lo sono chiesto: sarà un album fatto e finito o un EP? Il nuovo dei Minnie’s ti fa accorgere di avere sbagliato anche a dubitare. Lo avrete capito, Lettere scambiate ha quattro canzoni. È un modo nuovo di vedere la musica indipendente italiana, fatta da chi sono vent’anni che la vive. La loro è una musica che continua a stupire per devozione, ripetizioni, tecnica, affetto e voglia. Perché loro te lo fanno capire, che la voglia ce l’hanno tutta ancora.
Più di cinque minuti a canzone in un susseguirsi di fasi scisse e ricucite, di introduzioni e di svolte. Lo senti proprio che dietro c’è un mondo, che non è che si sono trovati a registrare quattro canzoni per porre meramente il dubbio nell’ascoltatore. Non è così semplice. Ogni brano è un intero repertorio, loro non ne possono più fare a meno e lo si capisce, per esempio, da come raccontano un difficoltoso risveglio nell’apertura affidata a E ora?, che inizia così onirica e perspicace, per finire new wave. Non va bene dire che abbiano cambiato genere, anche se sulla carta potrebbe risultare. O per lo meno, non va bene sostenerlo per chi come me li conosce da più di un decennio: in Voglio scordarmi di me e Lontano ci sento infatti  tutta la malinconica ironia e l’efebica irruenza che ci hanno sempre messo. Nella prima descrivono Milano, la loro città, nulla di più semplice. Per andare via è complicata e molto poco lineare, accompagna la voce di Luca con un fittissimo groviglio di batteria e arpeggi che, una volta arrivati al punto, si risolve in un “Aveva un senso andare via!” ad alta voce e un intermezzo pesante e tagliafuoco. In uscita per To lose la track, penso sia il loro disco migliore, almeno per me. Completo, inossidabile sin dall’inizio, deciso. Il distacco dall’hardcore melodico e dalla ruvidezza del punk milanese è ormai cosa di tanto tempo fa, ma con questo Lettere scambiate la storia è un’altra: i Minnie’s dimostrano di non volersi mai stancare, e a noi va bene così. Andrea Vecchio

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