14 maggio 2015

Giving up on people è il nuovo atteso lavoro dei Pueblo People

Esistono gruppi (non mi piace denominarli “band) che vengono ascoltati e seguiti perché oggettivamente suonano bene, “spaccano”, piacciono insomma. Altri gruppi, invece, sono gruppi che possono essere considerati  “fondamentali” per la loro storia oppure, più soggettivamente, per la crescita personale o gli interessi particolari di una persona. I Pueblo People da Milano e Como, invece, penso siano un gruppo che vada ascoltato per l’atmosfera che creano e la cultura che grazie alla loro musica riescono a profondere.Il loro ultimo album, un full-lenght di ben nove pezzi, si intitola “Giving up on people” ed uscirà il prossimo 25 maggio per Sangue Dischi, Sonatine, DiNotte e Fooltribe in formato Lp e per Flying Kids su CD.
Parliamo di questo disco allora.I suoni sono innanzitutto meno cupi e impastati rispetto ai loro precedenti  lavori. La voce di Nicola ha un ruolo realmente fondamentale: divaga, segue e devia il suo percorso praticamente in ogni brano.  Le chitarre sono un viaggio sonoro frastagliatissimo che si incunea in vicoli che sembrano senza uscita ma che si rivelano immense aperture in subbuglio. Prendete per esempio la frizzante King of the moral capital. Sembra tutto semplice sino a quando non arriva l’assolo, verso la fine. Tempi spezzati e basso sempre presente sul cantato. Così si fa. Dog people ha le tipiche sonorità Matador del momento, le parole sono poche e lasciano spazio agli effetti sulla stessa e sullo smorzarsi delle chitarre. Assolo quasi alla fine e poi inizia The overthrow, la canzone dell’album che preferisco. Forse perché mi piace l’eco,forse perché il basso è una mietitrebbia, forse perché mi ricorda di più i loro primi brani, quelli con la cassetta con Kevin Costner, non lo so.  The truth è il brano, invece, con cui si apre “Giving up on people”, ed è in effetti un sunto preciso e puntuale di tutto ciò che potrete trovarvi. Perché “there is no turning back". Sto ascoltando il disco da ormai due settimane ininterrottamente proprio come feci con i loro precedenti album. Forse, alla fine, ho torto a dire che ci sia qualcosa di differente tra l’ora ed il prima. There is no turning back ed è ciò che più mi importa, alla fine. Andrea Vecchio

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