16 febbraio 2013

Tornano gli Scena con un ep militante

Gli Scena vengono da Como e Milano ed il loro primo lavoro risale al 2008. Un LP intitolato 8 Punti, uscito per Don’t Need Records, grazie al quale iniziarono a girare l’Italia e l’Europa. Erano anni in cui si organizzavano concerti ogni weekend, in cui i gruppi indipendenti italiani proponevano lavori veramente innovativi, in cui andava di moda ascoltare le band Deranged, indossare giacche di jeans sopra le maglie dei Double Negative e suonare il più distorto e veloce possibile.
Tornano dopo quattro anni con un nuovo cantante ed un nuovo bassista, mantengono come membri i due fondatori Carlo e Michele (già con Cusack e LaQuiete) e registrano un EP contenente sette tracce, tutte rigorosamente in italiano, di punk ecletticamente rock e sfacciatamente hardcore. Corte, sprezzanti del pericolo e ricche di significati.
Si comincia con S.C.E.N.A., vero e proprio manifesto critico che prende a sberle finta militanza, moda e apparenze di una realtà che in Italia, lo ribadisco, è rimasta veramente con pochissimi argomenti da esporre. Giro di chitarra midwest, stop’n’go al punto giusto e si arriva a Zitto e suona, ritmo martellante e battute cadenzati che cadono puntuali sul granitico ritornello “Stà zitto e suona, che prima o poi la fortuna ti abbandona”. Apocalisse a pois è il manifesto nichilista dell’album e rimane impresso sin dal primo ascolto grazie soprattutto alla voce di Samuele, che strizza l’occhio a ciò che fu la struttura vocale che caratterizzò il punk hardcore italiano dei primi anni ’90.
I New Bomb Turks se fossero cresciuti a Melzo, i Verbal Abuse se fossero nati trent’anni dopo...
Perduta arte di stare in fila ricalca in modo deciso le sonorità di ciò che fu il gruppo appena formato, dedito alle sonorità più spiccatamente “made in Milano”: batteria a cento all’ora e tanta, tantissima furia vecchia scuola. Minima spesa, massima resa è, finalmente, una schierata invettiva contro i dj: “Il cachet di una serata tua è un nostro tour di un mese. Tu beato tra le donne, noi santificati dalle barbe (...) i dj non suonano, mettono musica degli altri”. Come se non bastasse, tutto ciò è scandito da un imparagonabile "girone" di chitarra che non può far altro che rendere ancora più succosa l’esultanza di tutti coloro che, da anni, aspettavano una canzone così... 
Il rush finale è tirato da Sotto effetto Gangsta e Sedia, schizofreniche come non mai, ballabilissime e ricche di emancipata esasperazione nichilista. Emancipata perché qui non si tratta di piagnistei alla Zen Circus e nemmeno di becera ironia alla Stato sociale: qui si porta avanti una causa. E da anni. Musicale ed attitudinale. Fermandosi e ripartendo più forte di prima, come alla fine di ogni pezzo, come allo scioglimento di ogni gruppo punk rock. Andrea Vecchio

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