26 dicembre 2011

Come far nascere un fiore: cogliamo la raccolta delle Vibrazioni, prima che avvizzisca

Quando ancora si vendevano i dischi, c’erano due circostanze in cui una casa discografica decideva di pubblicare il “greatest hits” di un artista. Nel primo caso, quando questo era nel suo momento di maggior fortuna, la compilation serviva a sfruttare l’onda e fare un po’ di soldi facili. Il secondo caso si verificava quando la casa discografica decideva di dare il benservito a qualcuno finito da tempo nel dimenticatoio. Ora che i dischi non si vendono più, rimane soltanto il secondo caso, com’è recentemente successo alle Vibrazioni, senza che peraltro la band tentasse di nascondere il vero motivo di quest’ultimo tentativo discografico.
Ripercorriamo quindi la storia della band utilizzando come punti chiave le tracce contenute nella loro recente raccolta intitolata Come far nascere un fiore, pubblicata dalla Sony come atto conclusivo (con tutta probabilità) della discografia del gruppo rock milanese.
Il momento di gloria delle Vibrazioni era durato circa tre anni partendo dall’esordio. Un successo cercato a tutti i costi per molti anni e trovato nel 2003 dopo l’atto estremo di produrre dal nulla un video musicale che riuscì ad entrare nella storia, senza che ci fossero alle spalle né un vero contratto discografico né un album pronto. Il brano in questione si intitolava Dedicato a te, ed ancora oggi chi non ricorda la bella Giulia della porta accanto, e la sua famosa camminata lungo il Naviglio?
Grazie al successo inaspettato, al gruppo venne data la possibilità di sfornare un album, e per un periodo i quattro milanesi funzionarono bene, complice una massiccia e quasi eccessiva promozione radiofonica, televisiva e concertistica. A testimonianza del loro primo periodo di gloria, ci sono i singoli In una notte d’estate, Sono più sereno e soprattutto Vieni da me, tormentone melodico dell’estate 2003.
Nel 2005, nonostante qualche piccolo aggiustamento nel vestiario e nelle pettinature per andare incontro alle aspettative delle ragazzine, il secondo album iniziava già a mostrare un’impronta sonora psichedelica ed una tendenza a testi profondi e a volte perfino spirituali, caratteristiche che da sempre si accordano molto male con il mercato discografico italiano. Raggio di sole e Ogni giorno ad ogni ora sono stati comunque recepiti molto bene come singoli. Dello stesso periodo, nella raccolta è poi presente Ovunque andrò, brano sanremese a partire dal quale iniziò il declino dei quattro rockers milanesi un po’ romantici ed un po’ allucinati.
Officine meccaniche, terzo album, uscito nel 2006, fece praticamente sparire le ragazzine dal pubblico della band. Il cambio di sound era diventato ormai abbastanza radicale. Le canzoni erano sempre melodiose ma complesse, con forti richiami agli anni ’70, come nel singolo Se, con testi sempre più profondi ed interiori come in Dimmi e Portami via, oppure con venature un po’ troppo stoner rock, come in Drammaturgia, il cui video costò inutilmente un sacco di soldi.
Iniziando a presagire la fine del progetto, nel 2008 l’abile bassista Marco Castellani lasciò il posto ad un vecchio amico della band, Emanuele Gardossi, bassista di stampo completamente diverso, meno tecnico e funambolico ma fortemente innovativo. Da quel momento la band assunse una direzione precisa ed a suo modo originale, come testimoniato dal singolo Insolita. Un rock adulto di matrice sempre più internazionale (almeno nelle intenzioni). Ma quello fu anche il momento in cui si persero le tracce della band.
Le strade del tempo, quarto e finora ultimo album dei milanesi, uscito nel 2010, non ottenne alcuna promozione di alcun tipo. Respiro, primo singolo, fu avvistato pochissimo nel circuito dei video. Senza indugio, forse la canzone più bella mai scritta dalle Vibrazioni, è conosciuta solo da chi ha ascoltato l’album o è andato ai concerti (con Francesco Sarcina che puntualmente chiedeva se ci fosse qualche vergine nel locale). In un ultimo estremo tentativo di riproporsi al grande pubblico, nel maggio del 2010 le Vibrazioni ottennero di aprire il concerto italiano degli AC/DC. L’enorme quantità di insulti ricevuti e di bottiglie schivate fece capire a tutti che il momento di gloria del quartetto milanese era definitivamente finito, e con pochi rimpianti. Il colpo di coda si ebbe pochi mesi fa, ad ormai due anni dall’uscita dell’album, quando venne prodotto il futuristico video di Va così. Protagonisti addirittura gli azzurrissimi occhioni di Valeria Golino. Alzi la mano chi ha mai visto da qualche parte il video in questione. Peccato: per la terza volta di fila un singolo tanto maturo quanto fallimentare.
Nella loro raccolta, i quattro milanesi non mancano certo di denunciare pubblicamente il boicottaggio che la loro stessa casa discografica ha svolto nei loro confronti negli ultimi anni. Uno dei tre inediti, intitolato Il sangue e anche il resto, è l’amara constatazione del trattamento ricevuto. Il brano in questione, peraltro, è condito da parolacce (mascherate) e vari insulti finali (perfettamente udibili).
Per fortuna l’album si conclude con toni più pacati, con la strumentale Inno alla foresta, che ricalca la stessa melodia del singolo che dà nome all’album, intitolato per l’appunto Come far nascere un fiore. Tra parentesi, il brano in questione è accompagnato da un bel video che funge da epilogo alla storia del gruppo, e di per sé è un brano ottimamente prodotto che rispecchia pienamente la qualità e l’originalità che il gruppo milanese era riuscito ad ottenere nell’ultimo periodo.
Una band destinata a scomparire proprio quando stava iniziando a diventare interessante. Marco Maresca

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