6 marzo 2011
Marlene Kuntz - Ricoveri virtuali e sexy solitudini
Un disco concettuale, che al primo ascolto (e a dire il vero nemmeno in quelli immediatamente successivi) non brilla. Una lunga ed elaborata riflessione sul “virtuale” e le sue implicazioni, ma anche sulle disillusioni, le disaffezioni, i disincanti. I Marlene Kuntz sono tornati con il loro ottavo album, un disco nè troppo prevedibile nè di svolta, piuttosto un importante ed ulteriore tassello in una carriera onorevole, costellata di episodi di spessore. Ricoveri virtuali e sexy solitudini è un disco di ottimi brani e senza alcun riempitivo. Tempo di accendere il lettore, e Ricovero virtuale, la quasi title-track che apre il disco, affonda il colpo: le sonorità si avvicinano più ai Marlene di qualche anno fa che non al precedente Uno (rimanendo nell'àmbito dei dischi in studio e lasciando stare le diverse versioni che la band ha dato di se stessa dal vivo). Paolo anima salva, Orizzonti e Io e me delineano i contorni più propri del disco, dove i cuneesi tornano ad alzare la voce, i volumi e a dare un certo privilegio alla fisicità e all'impatto sonoro, piuttosto che alla parte autorale dei testi. Proprio i testi, al di là della consueta ricercatezza che sfiora l'esercizio di stile letterario o ci gioca palesemente (L'artista), è la vena polemica un po' all'Avvelenata, non nuova in assoluto, già sentita in brani come Aurora o Chi mi credo d'essere. Il bersaglio questa volta paiono i blogger e gli opinionisti della rete che sparano sentenze dalle loro solitudini virtuali, "i farisei dell'indie rock" e altri personaggi che navigano nel mondo indipendente o presunto tale... Una polemica comunque non nuova e condivisa da tante band giustamente frustrate dai meccanismi "discografici" legati alla libera fruizione del web. Nella piacevolezza di un ascolto che accontenterà soprattutto i fan consolidati, promuoviamo questo disco: merito dei Marlene e anche della produzione intelligente di Howie B. g.oc.
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