El-Ghor - Mercì cucù **
Ammetto la mia ignoranza: non so niente di niente della lingua francese. Per cui questo disco, che appunto in francese è cantato e per di più da un gruppo campano (ebbene sì!), mi ha colto impreparato e soprattutto mi ha sorpreso. Ma gli El-Ghor sono così bravi e geniali musicalmente che alla tua ignoranza linguistica non fai caso, e superati i primi secondi di ascolto ti trovi completamente avvolto dal loro stile, maturo e consapevole come se ne sentono pochi. Difficile definire e collocare questo disco in una qualche etichetta di genere, ma se una cosa deve essere direi indie, nel senso puro e ampio del termine: gli El-Ghor suonano scarni e diretti, ma allo stesso tempo ricchi di sfumature, di sonorità, di suggestioni e di atmosfere; gli arrangiamenti tipicamente indie-rock vengono spesso e volentieri impreziositi da archi, fiati e pianoforte, il che dà al tutto una notevole raffinatezza, varietà e originalità. Originalità che è il vero punto di forza di questa band, che ama sperimentare, che esce da qualunque definizione, ma che comunque suona familiare e "facile", diretta ma raffinata, alla mano ma anche un pò snob. Davvero pregevoli. Marcello Colombo
Ammetto la mia ignoranza: non so niente di niente della lingua francese. Per cui questo disco, che appunto in francese è cantato e per di più da un gruppo campano (ebbene sì!), mi ha colto impreparato e soprattutto mi ha sorpreso. Ma gli El-Ghor sono così bravi e geniali musicalmente che alla tua ignoranza linguistica non fai caso, e superati i primi secondi di ascolto ti trovi completamente avvolto dal loro stile, maturo e consapevole come se ne sentono pochi. Difficile definire e collocare questo disco in una qualche etichetta di genere, ma se una cosa deve essere direi indie, nel senso puro e ampio del termine: gli El-Ghor suonano scarni e diretti, ma allo stesso tempo ricchi di sfumature, di sonorità, di suggestioni e di atmosfere; gli arrangiamenti tipicamente indie-rock vengono spesso e volentieri impreziositi da archi, fiati e pianoforte, il che dà al tutto una notevole raffinatezza, varietà e originalità. Originalità che è il vero punto di forza di questa band, che ama sperimentare, che esce da qualunque definizione, ma che comunque suona familiare e "facile", diretta ma raffinata, alla mano ma anche un pò snob. Davvero pregevoli. Marcello Colombo
Devotion - Sweet party **
Esordio discografico di un certo livello quello dei Devotion. Il disco, registrato all'Hatestudio e mixato a Los Angeles da Shaun Lopez (già al lavoro con Deftones tanto per capirci), fin dalla prima traccia mette subito le cose in chiaro: da queste parti si urla e si va giù pesanti. Le tracce meglio riuscite sono infatti quelle in cui la band riesce ad esprimersi in modo rabbioso e istintivo, a partire dalla prima traccia "Calendula", passando per "Pain(t)", fino ad arrivare a "Peignor Vert". Ma il quartetto veneto non è solo potenza, e prendendo influenze un pò dal crossover, un pò dal post-hardcore, e un pò dal più recente screamo, cerca di creare all'interno dei propri pezzi una sempre variegata tensione musicale, melodica e ritmica; in questo senso l'episodio più riuscito del disco è "Last Coffee Motel", in cui la band riesce a passare con grande facilità e coerenza da fasi più serrate e "incazzate" ad altre più melodiche e distese, dando una grande personalità e autorevolezza al pezzo, davvero ben strutturato e riuscito. Nonostante l'ascolto risulti alla lunga un pò ripetitivo, complessivamente stiamo parlando di un ottimo esordio per una band dalle ottime potenzialità, inevitabile quindi pretendere maggiore maturità e aspettarsi dai Devotion una ulteriore crescita in termini di personalità artistica. Marcello Colombo
Esordio discografico di un certo livello quello dei Devotion. Il disco, registrato all'Hatestudio e mixato a Los Angeles da Shaun Lopez (già al lavoro con Deftones tanto per capirci), fin dalla prima traccia mette subito le cose in chiaro: da queste parti si urla e si va giù pesanti. Le tracce meglio riuscite sono infatti quelle in cui la band riesce ad esprimersi in modo rabbioso e istintivo, a partire dalla prima traccia "Calendula", passando per "Pain(t)", fino ad arrivare a "Peignor Vert". Ma il quartetto veneto non è solo potenza, e prendendo influenze un pò dal crossover, un pò dal post-hardcore, e un pò dal più recente screamo, cerca di creare all'interno dei propri pezzi una sempre variegata tensione musicale, melodica e ritmica; in questo senso l'episodio più riuscito del disco è "Last Coffee Motel", in cui la band riesce a passare con grande facilità e coerenza da fasi più serrate e "incazzate" ad altre più melodiche e distese, dando una grande personalità e autorevolezza al pezzo, davvero ben strutturato e riuscito. Nonostante l'ascolto risulti alla lunga un pò ripetitivo, complessivamente stiamo parlando di un ottimo esordio per una band dalle ottime potenzialità, inevitabile quindi pretendere maggiore maturità e aspettarsi dai Devotion una ulteriore crescita in termini di personalità artistica. Marcello Colombo
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