Svolta per i Verdena. Requiem, il loro quarto album, segnala un notevole cambiamento delle sonorità, meno immediate e a tratti molto Zeppeliniane, con un tocco stoner tanto per gradire.
La mixitè piace? A me non tanto, almeno agli ascolti iniziali. Ma so già che presto mi abituerò. Certo c'è la promozione Universal, la pubblicazione all'estero e il consolidato seguito della band bergamasca, un meccanismo di tutto rispetto, ma a nemmeno due settimane dall'uscita, il disco è già scontato al 20% su Ibs, qualcosa vorrà pur dire?
L’evoluzione dei Verdena continua e questo è sicuramente un bene. Probabilmente loro realizzano, e anche con una certa maestria, quello che altri gruppi riescono a malapena ad immaginare.
Abbandonata la formazione a quattro, anche il suono risulta mutato. La mancanza delle tastiere e dei rhodes di Fidel (presenti solo in due tracce) hanno smussato la connotazione onirica dei pezzi: ora sono più duri, a tratti riprendono impostazioni old school con citazioni zeppeliniane come in Muori delay, il singolo scelto per presentare l'album. Nel disco sono numerose le tracce “anomale”, dalle intro iniziali in cui Alberto cerca di preparare l'orecchio dell'ascoltatore per i brani successivi, alle tracce di 12 minuti e oltre, come Il Gulliver… incredibile che la Universal abbia concesso tutto questo?!
Con Isacco nucleare e Caños l’influenza stoner inizia a farsi sentire, almeno per quanto riguarda la parte prettamente musicale. Il disco è complessivamente non immediato, a tratti ostico, ma di livello molto buono. Come di consueto è praticamente impossibile definire una canzone "apripista" che possa essere scelta come singolo di presentazione. Il brano più riuscito a mio
avviso risulta Il caos strisciante.
Come già detto, Requiem è distante dai tre precedenti disci nei quali si coglievano suoni più dilatati, testi più metaforici, nonostante il comune denominatore del nonsense. Probabile una scelta rivolta anche al pubblico estero? Vedremo quali sorprese riserverà il live… Roberto Conti
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