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15 gennaio 2017

L’irresistibile synth-pop di L'amore e la violenza, nuovo disco dei Baustelle

Mi piace molto scrivere recensioni positive, peccato capiti raramente. Il disco dei Baustelle L'amore e la violenza è una di queste felici occasioni. Mi procura piacere la loro "leggerezza di spessore", tra citazioni colte e suoni cesellati con cura. Non c'è niente di male ad essere pop, basta saper farlo con buon gusto, con coerenza e con quel pizzico di astuta ricercatezza che fa dei Baustelle - ad oggi - uno dei gruppi maggiormente capaci di cavalcare l'onda riuscendo a non essere troppo ammiccanti.
Loro non sono una "troietta qualunque", per citare uno dei passaggi del primo azzeccato singolo Amanda Lear, ma escort di lusso capaci di interpretare al meglio ogni desiderio, ogni gioco o idea musicale, passando con disinvoltura dal sinfonico pesantume di Fantasma al pop elettronico frizzante e colto di L'amore e la violenza. 
Il contorno musicale è un florilegio di sintetizzatori analogici. Ottima produzione. Ottimi arrangiamenti. Inutile spendere altre parole, basta ascoltare per capire.

Musicalmente il riferimento più immediato di questo disco sono i Pulp: Amanda Lear sembra una cover di Common people, ma in Italia l'ascoltatore medio certamente non se ne accorgerà, preferendo (come del resto ho fatto anche io) sollazzarsi con i testi di Bianconi, che sono una benedizione preziosa in tempi come questi. Storie di sentimenti in un contesto bellico, in cui convivono con disinvoltura jihadisti e scambisti, terroristi e profughi siriani, Gesù bambino e l'uomo nero, questo è il filo conduttore, l'immaginario scelto da Bianconi per questo disco farcito di spunti, bellissimi, ma qualche volta un po' troppo buttati lì, come fossero una pioggia di sassi nello stagno.
Migliora poi l'intesa vocale tra Francesco Bianconi e Rachele Bastreghi (a cui forse è servita la deludente prova solista): le canzoni in cui duettano in un abile crescendo risultano gli episodi più riusciti, L'era dell'acquario o Eurofestival hanno la caratura di un singolo. Il vangelo di Giovanni ha un testo particolarmente indovinato e intelligente. Idem per Amanda Lear, che ha il merito di ricreare un immaginario vagamente trasgressivo, più di farsi apprezzare come canzone "bella" di per sè.
Accogliamo con giubilo l’irresistibile synth-pop di L'amore e la violenza, un disco piacevolissimo, ben realizzato, orecchiabile ed immaginificico di cui c'era bisogno per dare al mainstream italiano (perchè i Baustelle a quel mercato si rivolgono) una pioggia di buone canzoni. Roberto Conti

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