Sono arrivati al sesto album, nel frattempo. Esce per Woodworm e si intitola Ashram equinox. Un lavoro totalmente strumentale: una novità per i Julie’s. Dall’acclamatissimo (e bellissimo) Stars never looked so bright, infatti, la band ha prodotto una quantità infinita di musica a cavallo tra la psichedelica ed il rock, una perfetta commistione tra new e wave, inventando sonorità totalmente nuove e cantando in maniera veramente british, con il grande merito di non copiare o trasmutare nulla. Il disco parte con Ashram e lo fa con pianoforte e basso: nulla di più semplice. Si passa in seguito dalla meditazione alle atmosfere da telefilm poliziesco anni ’80, con più chitarre e batteria. Johin si diverte a giocare con sintetizzatori e charleston, Taarnaci riporta alla California targata 31G e Arab on Radar, mentre Equinox sembra scandire i passi di un duello all’Ok Corral per poi perdersi in un sottobosco di sussurri e grida. I Julie’s Haircut sperimentano lo sperimentale e sembrano prenderci gusto ed è indubbio, comunque, che il risultato sarebbe stato certo. Sator è il naturale proseguimento di Equinox: ne riprende la trama per poi diventare sempre più ritmata sino al brusco stop finale, scandito da pochi arpeggi e volumi in fading. Vorrei sapere cosa ne pensano gli Offlaga Disco Pax, colpevoli di aver sbeffeggiato i Julie’s in più e più occasioni, di Ashram Equinox: se lo shoegaze sta tornando di moda, buon per loro. Ma non ci vengano a dire che Cavriago produca musica più interessante di quella che scalfisce i ritmi nella paranoica Emilia dei Julie’s Haircut. Esattamente quella cantata dai CCCP, lei. Andrea Vecchio
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